Aree dismesse, 74 km quadrati da risanare: la road map di Arpa

Tempo di bilanci e progetti per l’agenzia che compie 25 anni. In arrivo una task force per Caffaro, l’Ai predittiva, il piano scorie radioattive
Una panoramica del polo industriale Caffaro
Una panoramica del polo industriale Caffaro
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Venticinque anni sono un tempo lungo per un’agenzia che misura il respiro dell’ambiente. Arpa li compie quest’anno e si racconta in tour, sede dopo sede, ringraziando chi in questi decenni ha tenuto accesa la macchina della vigilanza ambientale. Ma il tempo dei bilanci è sempre anche quello delle domande. E una, su tutte, resta centrale: l’aria – intesa come rappresentativa della cartella clinica» generale del territorio – è davvero più pulita o siamo solo diventati più bravi a «misurarla»?

Brescia, laboratorio e cicatrice, resta la provincia simbolo, «la frontiera più delicata». Il dipartimento di casa nostra, guidato da Maria Luisa Pastore, presidia un territorio che è insieme distretto industriale e zona rossa ecologica: due sedi, in città e a Darfo, e una squadra che alterna controlli ordinari a emergenze straordinarie. Ma è anche un lavoro di trincea, in una provincia che porta ancora addosso il peso della sua storia industriale.

Inquinanti

Intanto l’Agenzia cambia pelle. Lucia Lo Palo, presidente, parla di un’Arpa «che non punisce ma forma» e descrive l’authority dell’ambiente come un’istituzione capace di «educare senza mortificare». La sfida è quella dell’intelligenza artificiale, non come gadget ma come strumento predittivo: progetti pilota per anticipare scenari climatici, stimare le emissioni dei motori, leggere i segnali che precedono il disastro. È la rivoluzione più silenziosa di tutte: l’ambiente che prova a capire se stesso prima che sia troppo tardi. Ma il tempo delle celebrazioni incontra presto quello delle bonifiche e lì la Lombardia torna «provincia d’Italia», perché di lavoro da fare ce n’è ancora tanto: non solo quello ereditato, ma anche quello dettato dai nuovi inquinanti emergenti (un esempio: i Pfas).

Non a caso il direttore generale di Arpa Lombardia Fabio Cambielli ricorda il cursus honorum dell’Agenzia: «Siamo una costola della sanità – specifica – perché prevenire l’inquinamento è prevenire la malattia e garantire un ambiente di vita più sano». Eppure la terapia sembra infinita.

Caffaro

Il nome che nessuno può evitare è Caffaro: da lì si ricomincia sempre. Ora che, dopo 24 anni di attesa, è scoccato il gong della bonifica nell’epicentro del Sito di interesse nazionale, Pastore annuncia la creazione di una task force dedicata, con un accordo in corso con il commissario straordinario Mauro Fasano: «Monitoraggio delle acque di falda e analisi dentro e fuori il Sin, con personale tecnico assunto».

L’atlante di casa. Nel frattempo, Giorgio Maione, assessore regionale all’Ambiente, rimarca l’importanza del presidio: «Abbiamo stanziato 37 milioni di euro per la nuova sede di Brescia», una cittadella che sorgerà vicino alla Poliambulanza e che aggregherà le sedi di Arpa, di Ersaf e l’Utr (Ufficio terrotoriale regionale, ora in via Dalmazia). L’obiettivo eccolo: un centro che unisca controllo e governo, competenze e poteri. Maione, bresciano, rivendica anche la vocazione pionieristica del suo territorio: «Da qui sono nate le linee guida sull’economia circolare, le norme sulle scorie bianche e nere e sulle ceneri degli inceneritori. Brescia è una frontiera, a volte scomoda ma necessaria».

E poi, la lista che nessuno ama pronunciare: Metalli Capra, ex cava Piccinelli, Fiesse, Berzo Demo (Selca). È l’atlante tossico della nostra provincia. Dove i temi più spinosi si chiamano discarica Vallosa e rifiuti radioattivi, questi ultimi ancora orfani di un deposito nazionale.

Sono queste le due ferite (e insieme le sfide) ancora aperta dopo 25 anni di attività e Cambielli non le schiva, le affronta indicando la direzione: «Abbiamo 74 chilometri quadrati di aree dismesse da risanare e, in assenza di un deposito nazionale per le scorie, abbiamo avviato con Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, un accordo per semplificare le procedure di gestione e movimentazione di questi scarti». È diplomazia tecnica, ma anche realismo: la Lombardia custodisce i rifiuti che l’Italia non sa dove mettere.

Dopo venticinque anni, Arpa Lombardia è adulta. Ha imparato a misurare, controllare, prevedere. Resta un’agenzia necessaria, che veglia su un territorio dove la prevenzione è ancora un atto di coraggio più che di routine. E dove Caffaro, scorie radioattive, bonifiche e emergenza sono (ancora) il suo lessico familiare.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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