Brescia, al via col Vicenza la missione (im)possibile

Siete pronti? Siete caldi? Perché lui e loro, lo sono. Naturalmente conteranno i fatti del campo e non le intenzioni, ma lui - Eugenio Corini - e loro - i, di nuovo, suoi ragazzi - non possono essere lasciati soli nella missione (im)possibile che parte oggi da Mompiano, ore 15.30. E se finora un po’ sì, il Brescia è stato lasciato solo dalla sua gente beh, non è mai troppo tardi per mettersi nella scia dell’«equilibrio sopra la follia» - copyright ormai più di Corini che di Vasco - e vedere dove il cuore potrà portare. Non è vero che volere è potere. Volere è volere e basta perché ci sono dei limiti nell’andare ad affrontare l’impresa che l’uomo di Bagnolo s’è messo in testa nel momento in cui ha accettato l’eredità di Inzaghi.
L'eredità
Un’eredità pesantissima per chi è e cosa ha fatto - un percorso eccellente, fino a un certo punto - il suo predecessore e perché raccoglierla ha significato prima di tutto mettere da parte l’orgoglio personale per rivisitare la parte più dolorosa della sua precedente esperienza professionale col Brescia mettendosi faccia a faccia con colui, Cellino, che gli aveva portato via un sogno. E se un testardo, tutto d’un pezzo, quale è Corini alla fine è tornato è per un motivo: perché ci crede, perché crede in questa squadra. Della quale è intenzionato a far riscoprire i pregi facendo scivolare in secondo piano i difetti: ormai, dentro il clima di negatività che s’era creato per più motivi, si notavano solo quelli. È andata così e tra torti e ragioni, qui non si tratta di rinnegare o svilire il fresco passato e buttare tutto a mare e di essere «coriniani», «inzaghiani», o «celliniani» o «anti celliniani». Qui si tratta solo di essere bresciani e di volere il bene del Brescia: questa è l’unica fazione alla quale aderire. Ma pensare alla serie A diretta, non è un po’ come vaneggiare? Semmai, è rendersi conto che il dado non è affatto tratto e che tutto realmente può accadere: non spendere tutte le cartucce sarebbe delittuoso.

Il punto
Per un Lecce che ha ripreso in mano le proprie sorti dopo 4 pareggi di fila, c’è una Cremonese che non ha piazzato la zampata con la Reggina e c’è un Pisa - da affrontare mercoledì - crollato in casa di un Benevento che s’è rimesso ufficialmente in pista e che allo stato attuale ha pure scavalcato il Brescia al quinto posto e che ha ancora una gara da recuperare. In tutto questo, alle rondinelle adesso seste può accadere questa sera di ritrovarsi a -2 dal secondo posto, o alla peggio a -3. Il tutto, naturalmente a una sola e unica condizione: una vittoria con il Vicenza. Se una vera scintilla andrà a riaccendersi, non potrà che essere coi tre punti al via del mini campionato da 7 giornate.
L'avversario
Quella che arriva è una squadra che sta bene. Che era viva già all’andata da ultimissima e che lo è a maggior ragione ora che s’è rimessa in piena corsa salvezza: va dato atto a Cristian Brocchi (il cui lavoro qui a suo tempo non venne, ingiustamente, apprezzato) che ai suoi ha dato prima di tutto un’anima che in certi momenti di un’annata vale più di mille altre qualità. I biancorossi, una delle squadre che pareggia meno, hanno comunque saputo imporre delle «X» a domicilio (ad esempio al Pisa) pur restando comunque una squadra che in trasferta non conosce blitz dal 26 novembre. Il Brescia invece non vince da 33 giorni e 4 partite, incassa regolarmente gol (8 in tutto) da 6 gare, ma è sempre andato a segno nelle ultime 10. Lo storico di tutti, arrivati fino a qui, conta fino a un certo punto. Oggi, in una partita sentitissima come quella col Vicenza nasce il Brescia di Corini il cui primo compito è incanalare in un contesto di razionalità quell’emotività che in stagione ha fatto sia la fortuna che la sfortuna, in ultimo, di una squadra che è stata più dipendente dal suo allenatore che dalle proprie qualità. Una squadra alla quale adesso tocca assumersi le proprie responsabilità: da qui passa l’impresa (im)possibile.
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