Processo Bozzoli: in aula è il giorno dei periti

Per il consulente della difesa il racconto di Giacomo è credibile: i passi contati sono compatibili con quelli segnati dalla app dell'imputato
La Corte d'Assise di Brescia per il processo Bozzoli - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
La Corte d'Assise di Brescia per il processo Bozzoli - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Processo Bozzoli, in aula è il giorno dei periti della Corte d’assise, e dei consulenti di accusa e difesa. L’udienza è iniziata proprio con l’esame di questi ultimi. L’avvocato Frattini, difensore del nipote accusato di aver ucciso lo zio Mario e di averne occultato il cadavere, ha chiamato a deporre l’ing. Ugo Gecchelin.

Il consulente aveva l’incarico di verificare la compatibilità dei passi mossi in fonderia a Marcheno dall’imputato tra le 19.20 e le 19 e 24 dell’8 ottobre 2015 - quindi una decina di minuti dopo l’ultimo segnale in vita di Mario Bozzoli - per come almeno li ha registrati l’app sul suo telefono, e le dichiarazioni che Giacomo Bozzoli fece nel corso del suo esame il 9 dicembre del 2021.

Il nipote disse di essersi reso conto di aver dimenticato il cellulare su una ruspa parcheggiata all’interno dello stabilimento, di essere andato a recuperarlo e, successivamente, con il telefono in mano, di essersi recato prima negli uffici, poi al bagno e infine all’automobile. L’accelerometro del suo iPhone segnò 342 passi, per poco meno di 300 metri.

Il consulente della difesa ne ha contati 345. La ricostruzione dell’ingegner Gecchelin criticata, quanto al metodo utilizzato, da accusa pubblica e privata, ma che per la difesa dà conto della credibilità dell’imputato.

Sul punto l’accusa ha chiesto un esperimento giudiziale: voleva portare Giacomo Bozzoli in fonderia perché ripercorresse il tragitto. Il presidente della Corte d’assise ha trovato una mediazione invitando la procura a nominare un suo consulente.

L'esperimento del forno

Dopo l’esame dell’ingegner Gecchelin, la parola è passata alla dottoressa Camilla Tettamanti e all’ingegner Antonio Boccardo. I periti della Corte d’assise erano chiamati a stabilire se può essere compiuto in sicurezza un esperimento giudiziale in scala ridotta, per verificare l’eventualità che Mario Bozzoli sia stato ucciso e gettato nel forno grande della sua azienda.

La prima ha affermato che il 50enne imprenditore di Marcheno, per altezza e peso, poteva stare all’interno del crogiolo del suo impianto fusorio, anche nel caso fosse stato caricato al massimo. L’ingegner Boccardo inoltre ha escluso che l’ingresso di un corpo come quello di Bozzoli nel forno della sua fonderia avrebbe dovuto provocare una violenta esplosione. «L’impianto di aspirazione dei fumi avrebbe potuto assorbire il vapore acqueo prodotto dal contatto con corpo come quello di Bozzoli in una decina di secondi, scongiurando una catastrofe».

Per i due periti il forno potrebbe avere inghiottito Mario Bozzoli, quindi l’esperimento giudiziale ha un senso. Perché abbia anche un valore scientifico - hanno spiegato i due esperti - sarà necessario inserire in un impianto in scala il corpo di un maiale (l’animale dal punto di vista biologico più compatibile con l’uomo) ucciso non più di 24 ore prima e vestito con gli indumenti simili a quelli indossati da Mario Bozzoli quando è svanito nel nulla.

Il valore scientifico dell'esperimento è quello di una prova isolata - ha puntualizzato la Tettamanti - che non ha escluso all’esito del test in scala ridotta, al fine di asseverarne i risultati, di una prova anche a dimensioni reali.

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