Valsabbia

Angelo: «Io soccorritore in Ucraina sconvolto dai bambini senza lacrime»

Il 52enne di Roè Volciano ha già svolto tre missioni per recuperare i feriti e gestire un centro di accoglienza in Polonia
Angelo Alessio Delfini ha diretto per 10 giorni il Centro di prima accoglienza dei profughi ucraini - Foto © www.giornaledibrescia.it
Angelo Alessio Delfini ha diretto per 10 giorni il Centro di prima accoglienza dei profughi ucraini - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Tre missioni recenti tra Ucraina e Polonia e tantissime altre, alle spalle, nel mondo. Quando l’emergenza chiama, Angelo Alessio Delfini risponde: «Non riesco a far finta di niente». Di casa a Roè Volciano, titolare insieme alle sorelle di una fonderia a Sabbio Chiese, l’instancabile 52enne è un soccorritore volontario del 118 specializzato nel trattamento di politraumi.

In Ucraina, Moldavia e Polonia

Nella terra teatro della guerra in corso è già stato tre volte. La prima missione ha visto Angelo entrare in Ucraina, dal confine con la Moldavia, per recuperare una mamma con le sue gemelline e portarle a Brescia, da parenti.

Grazie ai contatti con l’Insfo (l’Istituto nazionale superiore di formazione operativa di cui è formatore), il 52enne è tornato, questa volta in Polonia, a dirigere il maxi polo di prima accoglienza ricavato in un centro commerciale a Przemysl: «Lì - racconta - ci occupavamo di registrare le persone fuggite dall’Ucraina, consegnare loro vestiti e cibo, eseguire medicazioni e trovare loro una sistemazione temporanea in attesa del viaggio verso l’Italia. In una decina di giorni abbiamo aiutato 20mila ucraini a raggiungere il nostro Paese».

Il carico emotivo

Come si può immaginare per Angelo si è trattato di una missione emotivamente molto impegnativa: «Ho respirato disperazione, senso di sconfitta, rassegnazione - racconta l’imprenditore -. Al nostro centro arrivavano persone abusate, rapinate, che avevano visto di tutto. Non dimenticherò mai gli sguardi dei bambini che non piangevano neppure: sono molto forti o, semplicemente, hanno finito le lacrime. Un giorno ne sono arrivati tre, soli, poi le mamme li hanno raggiunti».

Dentro il Paese

Successivamente il 52enne - volontario di Valsabbia Soccorso (sede di Vestone) e vicesindaco di Puegnago, dove ha vissuto fino a qualche tempo fa - è tornato in Ucraina insieme alle ricercatrici del Niguarda Gabriella Bottini e Daniela Ovadia: «Abbiamo fatto base in un ospedale da campo israeliano allestito in Polonia - racconta -. Loro erano in missione come medici di frontiera. Il mio compito, invece, era entrare in Ucraina, con mezzi civili, a recuperare donne e bambini feriti da esplosioni, colpi di armi da fuoco o per schiacciamento. Non ho usato l’ambulanza perché era necessario eseguire spostamenti in rapidità su strade dissestate». In sette giorni, con il suo zaino attrezzato portato dall’Italia, Angelo ha eseguito una decina di interventi. E ha svolto alcuni viaggi in auto per recuperare, nei magazzini della Polonia, i medicinali utili all’ospedale da campo.

Il quarto viaggio

Rientrato a Roè Volciano, il 52enne non ha nessuna intenzione di fermarsi: vuole riportare le sue competenze in materia di medicazione, pulizia delle ferite e riduzione delle fratture, in Ucraina, a Leopoli o Mariupol: «Andrò dove serve», racconta. La compagna e la figlia di 13 anni sono preoccupate e, allo stesso tempo, orgogliose di lui. Che torna arricchito da ogni impresa: «A posteriori - scrive il volontario in un post sui social -, dopo aver visto la sofferenza vera, quella profonda, disperata, cieca, i piccoli problemi quotidiani mi sembrano ridicoli. Il continuo correre per avere cose, oggetti, gadget, vestiti all’ultima moda e telefonini sempre più spaziali, ci ha resi persone sole, attente solo a riempire il vuoto con altro vuoto pensando di trovare la felicità. Forse aiutando gli altri sono riuscito anche ad aiutare me stesso. Il mio cuore è rimasto là, con le persone che soffrono».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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