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Sara Simeoni: «Grazie ai bresciani ho riavuto l’oro olimpico»

Dalla nostra città, dove nel 1978 sull’allora campo Morosini l’atleta stabilì il record del mondo, è partita lo scorso anno la petizione dopo il furto subìto nell’abitazione di Rivoli
Sara Simeoni con la copia della medaglia d'oro vinta alle Olimpiadi di Mosca © www.giornaledibrescia.it
Sara Simeoni con la copia della medaglia d'oro vinta alle Olimpiadi di Mosca © www.giornaledibrescia.it
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Non è retorica, se diciamo che Sara Simeoni è stata, è e sarà per sempre legata a Brescia. Non solo perché nella nostra città, il 4 agosto 1978, stabilì il record del mondo del salto in alto (2,01 metri, fu la seconda di sempre ad abbattere quel muro) nell’allora campo Morosini (oggi Calvesi). Ma anche perché un anno fa, in un momento affettivamente pesante, proprio dalla nostra città partì la petizione per far avere alla veronese copia della medaglia d’oro vinta a Mosca 1980, rubatagli 14 mesi orsono nella sua casa di Rivoli. Uno slancio d’affetto, partito da Brescia con l’associazione Caliniani, che è andato a segno. Una settimana fa, in prossimità dell’inizio dei Giochi di Parigi 2024, quella medaglia è tornata a casa Simeoni. Così quel sacro fuoco di Olimpia, mai spentosi realmente, è tornato ad ardere in lei.

Simeoni, nel 2023 subì il furto della medaglia d’oro di Mosca 1980 in casa propria. Ora le è stata restituita. Cosa prova?

«Non è la stessa cosa, ma rivederla ha comunque riacceso i ricordi. Quando si sono mobilitati per farmela riavere, all’indomani mi ha telefonato il presidente del Coni, Malagò, dicendo che avrebbe fatto di tutto per farmela riavere. È successa la stessa cosa anche a Roberto Di Donna (tiro a segno, vincitore di oro e bronzo ad Atlanta 1996; ndr) e così sono riusciti a restituirci il maltolto».

Diciamolo, il valore economico in sé della medaglia non è elevato. Ma cosa rappresenta per un’atleta come lei?

«L’oro lo si vedeva da lontano... Ma affettivamente ha un grande significato. Dietro a quella medaglia si nascondono anni di lavoro. Non è arrivata da un giorno con l’altro, almeno per me (era già stata argento a Montreal ’76 e lo fu poi anche a Los Angeles ’84; ndr), è stata il momento che ha coronato la carriera. Quella medaglia l’ho voluta a tutti i costi. E quella originale oramai era satinata: ogni volta che la portavo nelle scuole, i ragazzi facevano a gara per toccarla ed era diventata lucida».

Cosa ha provato quando subì quel furto?

«Si immagini di aprire la porta e trovare la rivoluzione e scoprire che nel casino non c’era più la medaglia. Hanno lasciato solo il nastrino».

Brescia però le ha dato una grande gioia, ancora una volta. Come fu quel 4 agosto 1978...

«La cosa che più mi fece piacere, è che quel record del mondo arrivò in Italia, nel mio paese. Ai miei tempi c’erano i meeting, ma la maggior parte delle gare importanti erano all’estero».

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Il record del mondo di Sara Simeoni segnato a Brescia nel 1978

E se richiude gli occhi, sente il boato dello stadio?

«Sì, è una cosa bellissima. Anche perché il campo Morosini era stra pieno di persone, anche se era solo una gara femminile. Fu importante, per quegli anni. Ebbe un valore simbolico alto. All’epoca contavano solo i maschi, ma dimostrammo che con i nostri risultati portavamo comunque tanti appassionati».

Riavvolgiamo il nastro dei ricordi. Cosa prova, un’atleta, quando entra in uno stadio pieno e vede i cinque cerchi olimpici?

«L’impatto è forte, ma ci si abitua. Gare come gli Europei, adesso, magari hanno meno importanza perché ci sono altre competizioni di livello come la Diamond League. Noi avevamo quelli, i Mondiali, le Olimpiadi e le Universiadi. Erano poche le occasioni per incontrare i rivali più forti».

E come ci si preparava?

«Oggi gli atleti hanno tutto uno staff che li prepara. Noi eravamo più ruspanti, ci facevamo le ossa da soli. Ma non ci si inventa da soli a livello internazionale, bisogna essere capaci di gestire emozioni e pressioni. Bisogna isolarsi».

Dopodomani si parte, l’atletica sarà però più avanti: che aspettarsi dall’Italia?

«Non ho il polso, ma sono tutti fiduciosi. Di sicuro avremo delle conferme. Tamberi ad ora non sembra aver nessuno in grado di impensierirlo, Fabbri nel peso mi auguro arrivi al top come già fatto a Londra nell’ultima uscita di Diamond League. Tra le donne la certezza è la Palmisano e la marcia ci ha sempre abituato bene».

E Jacobs?

«Ha dimostrato di essersi ripreso. Sarà più difficile che a Tokyo, ci sono tanti atleti bravi. Ma mi auguro che riesca a riconfermarsi. E poi vediamo se qualche giovane si esalta: da Simonelli a Furlani e Iapichino, ce ne sono tanti in grado di fare buone cose».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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