Reginaldo racconta la storia di Isorella con 400 «scötöm»

Ha raccolto circa 400 «scötöm» di personaggi isorellesi, narrandone anche storia e ragioni, nonché una sfilza di proverbi in dialetto bresciano. E lo ha fatto interrogando fonti autorevolissime del paese, in primis sua mamma, Maria Ardenghi, di 90 anni.
È questa la passione di Reginaldo Zaltieri, classe 1958: «Annotare e fare memoria di storia e vite di personaggi locali, che sono le nostre autentiche radici culturali – spiega – e tener vivo il più possibile il nostro dialetto scritto e parlato, ora più che mai agonizzante e dimenticato».
Questo patrimonio culturale per ora è annotato semplicemente sul suo pc, ma la volontà, in futuro, è quella di pubblicarlo, magari in due opere distinte, una sui soprannomi isorellesi e l’altra sui proverbi dialettali. Intanto continua ad aggiornarlo, attraverso gli spunti di mamma Maria o di amici come Giuseppe Ughini, ma anche tramite ricerche minuziose, svolte proprio per conservare la storia di Isorella. Del resto Reginaldo Zaltieri (impegnato civicamente anche come consigliere comunale di minoranza) scrive pure articoli che ricostruiscono la storia locale per il bollettino parrocchiale, dove sono pubblicate anche le sue poesie in dialetto.
Tante curiosità
Tornando alla raccolta di «scötöm» (ossia soprannomi, in dialetto bresciano), abbiamo sbirciato qualche pagina: tra le righe, compare la storia del cosiddetto «Trübüla» (da faticare), all’anagrafe Angiolino Piccinelli, professione falegname; di «Gina profuga», all’anagrafe Gina Fincato, sfollata nel dopoguerra da Asiago («La via dove abitava è stata denominata via Asiago dall’allora sindaco Renzo Marzocchi in onore di Gina e in ricordo di tutti gli sfollati e profughi delle guerre»); c’è poi la storia di «Césèr dè l’officina» (il cui papà faceva il custode alla centrale elettrica funzionante grazie al Naviglio) che era detto anche «Pilota» in quanto pilota di aerei caccia nella Seconda Guerra Mondiale.
E poi la storia di «Fasina sèca» (ossia «stroppa», verga), cioè don Luigi Bertoni, curato negli anni ’20-’40 del Novecento, piuttosto «diretto» nell’educazione dei ragazzi capricciosi, di «Mario Scüdèla», soprannominato così proprio da don Bertoni che lo richiamava alla puntualità per supportare lo svolgimento della «messa prima», alle 5 di mattina, mentre lui talvolta rischiava di tardare facendo colazione con la sua bella scodella di latte.
Ancora: si parla di «Maria sarturina», di «Mario nasù», di «Palanchina», «Achilè dèl cafè» (storico gestore del Caffè Centrale) e tanti altri. La passione di Reginaldo per la conservazione di storie e parole da trasmettere si esprime anche attraverso l’annotazione di aforismi non dialettali, che trascrive a mano su diari, da cui pesca quotidianamente citazioni, inviandole ad amici: «Ispirandomi a una storica rubrica del Giornale di Brescia che si chiamava “Un pensiero”, di cui oltretutto conservo ritagli, da ben 8 anni, vado a caccia di aforismi e invio quotidianamente con il cellulare il mio “Pensierino” a un centinaio di amici, vicini e lontani».
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