Quando il cibo diventa ossessione: la storia di chi è guarito dalla bulimia

Negli occhi «spenti, persi» di Giovanna papà Ivo vedeva un vuoto. Un vuoto pieno di dolore, che lei colmava col cibo e ritrovava svuotandosi. Lo racconta pesando ogni parola, a fianco della moglie Eleonora, senza nascondere un’emozione viva, forte, nonostante la figlia da tempo stia bene. Perché, sottolinea lui più volte, «dai disturbi alimentari si può guarire. Bisogna volerlo».

Bulimia nervosa
L’incubo in cui è finita questa famiglia della Bassa, composta anche da altri due figli, si chiama bulimia nervosa. «Non un capriccio come molti purtroppo pensano ancora, ma una malattia psichiatrica», precisa la mamma. L’occasione per parlarne è la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, istituita dalla Presidenza del Consiglio su richiesta di un papà proprio nel giorno della scomparsa della figlia Giulia, uccisa dalla bulimia a soli 17 anni. Una giornata per fare prevenzione, diffondere conoscenza e smontare gli stereotipi.
«Era il 2012 - racconta Eleonora -. Giovanna, allora ventenne, abitava in un’altra città, aveva un bel lavoro e una vita frenetica». All’apparenza sembrava realizzata, ma i suoi occhi dicevano altro, «erano tristi». Alla mamma, che l’aveva raggiunta per starle vicino, è bastato poco per capire che qualcosa non andava e che il cibo era diventato un’ossessione: «La sera in cui me ne ha parlato e insieme abbiamo deciso che era il caso di tornare e farsi curare credo che a portarla alla svolta sia stata una mia frase: le ho detto che le voglio bene per quello che è. E ho capito che nel suo affannarsi così tanto c’era il tentativo di meritarsi il nostro amore».
Rientrata nella Bassa, Giovanna è rimasta «in camera da sola per sei mesi. Cercavamo di aiutarla, ma la cosa era più grande di noi», spiega Ivo. Poi, proprio nel momento in cui avrebbe potuto iniziare un nuovo lavoro, è arrivata la chiamata del Centro pilota regionale per i disturbi del comportamento alimentare di Gussago (che opera con équipe multidisciplinari) e lei ha scelto di farsi seguire mettendo così al primo posto la sua salute.
La cura
Il percorso, come si può immaginare, non è stato facile. Mamma e papà, in parallelo, sono entrati a far parte del gruppo di auto mutuo aiuto Nuovi Orizzonti dell’associazione Ama, nel quale oggi svolgono il ruolo di facilitatori: «Eravamo spaesati, non sapevamo cosa fare. Il confronto con altri genitori che avevano il nostro stesso problema - racconta - ha aiutato noi e, di rimando, anche nostra figlia». A Giovanna, per uscire dal vortice della bulimia, sono serviti 2-3 anni. Ivo ed Eleonora hanno scoperto, sulla propria pelle, che «i disturbi del comportamento alimentare sono malattie psichiatriche complesse, che cercano di inglobare tutta la famiglia. Malattie che diventano un rifugio da ciò che sta fuori e non piace».
Colpiscono ragazze «molto sensibili, fragili emotivamente, ma allo stesso tempo forti». Perché bisogna essere forti per fare rinunce e raggiungere risultati importanti nella scuola, nel lavoro e nello sport. Ragazze che «non si accontentano, cercano la perfezione. Da genitori abbiamo capito che non bisogna stare davanti ai figli, ma accanto. Non dobbiamo soffocarli con le aspettative: devono vivere la loro vita sapendo di essere accettati per quello che sono».
Il cibo è uno strumento per scomparire diventando invisibili per essere visti. O per riempire un vuoto che procura grande dolore. Il fatto di mangiare o non mangiare rappresenta «solo l’evidenza della malattia, la punta dell’iceberg: va curato ciò che c’è sotto - aggiunge papà Ivo -. Il cibo viene usato per esercitare un controllo, per scaricare ansie e tensioni, per azzerare le emozioni. Da genitori bisogna superare il giudizio e passare dai "nostri occhi nel piatto" ai "nostri occhi che guardano i loro occhi"».
Il coraggio
Oggi negli occhi di Giovanna c’è la felicità, una vita senza ossessioni, una vita in cui «ha il coraggio di essere quella che è», precisa la mamma. Ivo ed Eleonora, forti della loro esperienza, cercano di aiutare altri genitori che, come è accaduto a loro, si sentono soli e impotenti, davanti a qualcosa di grande e complesso. Portano la loro storia di sofferenza, impegno e speranza. E dimostrano che «dalla bulimia si può guarire - sottolineano -. Servono spazi in cui farsi curare da équipe multidisciplinari. Serve la volontà del malato».
Per chi avesse bisogno di informazioni esiste il Telefono Lilla regionale. Un esperto risponde allo 02.89356444.
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