Storie

Premio Bulloni 2025 a Mariapia Urbani, anima del quartiere Don Bosco

Alice Scalfi
Educatrice di formazione e volontaria instancabile, è il punto di riferimento del centro d’ascolto Caritas. Unisce persone, ascolta fragilità, crea reti
A Mariapia Urbani il Premio Bulloni 2025 © www.giornaledibrescia.it
A Mariapia Urbani il Premio Bulloni 2025 © www.giornaledibrescia.it
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L’hanno trovata al parco, d’estate. Una famiglia nigeriana, sei persone, senza una casa. Mariapia Urbani non li ha accompagnati in un ufficio né ha compilato una scheda: ha iniziato a fare telefonate. Ha insistito, cercato, convinto, unito i puntini. Ha coinvolto la Caritas diocesana, i settori dell’Azione Cattolica, le persone giuste. Dopo qualche settimana, una sistemazione. Poi, un nuovo inizio.

Una storia come tante, nel quartiere Don Bosco. Ma anche un buon punto da cui partire per raccontare chi è Mariapia Urbani, referente del centro d’ascolto Caritas della parrocchia, educatrice professionale, volontaria, tessitrice di legami. A lei è stato assegnato il Premio Bulloni 2025, il riconoscimento civico più prestigioso della provincia, destinato ogni anno a figure che incarnano valori di dedizione, solidarietà e servizio. La sua candidatura è stata proposta dal Consiglio di quartiere Don Bosco, sostenuta da realtà diverse: la Caritas, la San Vincenzo, il Centro culturale islamico, le scuole, le associazioni. Un piccolo coro, che racconta bene la comunità che ha saputo costruire.

Presenza fissa

Quando ha ricevuto la notizia, Mariapia ha fatto fatica a raccogliere due parole. «Non me l’aspettavo. Non sapevo nulla. E non so se lo merito davvero». Ma chi la conosce, nel quartiere, non si è stupito. C’è chi la chiama «quella della Caritas», chi semplicemente Mariapia. In entrambi i casi è una presenza. Fissa, affidabile, sempre in ascolto. Senza divisa, ma con un’agenda sempre piena. E con una rete di contatti che tiene insieme mondi che altrimenti non si parlerebbero.

«Questo premio viene a me, ma riguarda un insieme di persone. Da soli non si fa nulla. La rete è tutto: quella che conosce l’inglese, quella che accompagna, chi ascolta, chi ha tempo, chi ha occhi per vedere. Ognuno mette in circolo qualcosa. E da lì nasce un cambiamento».

Una rete, appunto. Che nel quartiere Don Bosco si è rafforzata soprattutto dopo il Covid, quando Mariapia si è spesa in prima persona per riaprire il centro d’ascolto Caritas. «Era un bisogno vero. E ho sentito che potevo esserci». Da allora la sua figura è diventata punto di riferimento non solo per chi si trova in difficoltà, ma anche per chi vuole dare una mano. Coordina raccolte di beni primari, intercetta bisogni, fa da tramite tra famiglie, servizi, scuole, volontari. Mette insieme i pezzi, e li fa funzionare.

Una lunga esperienza professionale

Alla base di tutto, però, c’è una lunga esperienza professionale. Educatrice di formazione, Mariapia ha lavorato per 33 anni all’ospedale Fatebenefratelli, soprattutto nell’area psichiatrica. «Ho imparato ad avere occhi che vedono davvero. E anche a interpretare ciò che vedono. La fragilità non è sempre evidente, ma c’è. E spesso chiede di essere accolta prima ancora che risolta».

L’impegno nel sociale, per lei, non è un’attività extra. È una forma di coerenza. Anche fuori dal lavoro, ha sempre messo le sue competenze a disposizione della comunità. Prima come formatrice nei percorsi Caritas, poi via via in modo più diretto, nel volontariato di prossimità. Oggi, oltre alla Caritas, collabora con la San Vincenzo, con le scuole del quartiere, con realtà associative e religiose, con famiglie che vivono fragilità visibili o invisibili.

Il quartiere è il suo campo d’azione, ma anche il suo orizzonte. E c’è un tratto che molti le riconoscono: la tenacia. «Quando prendo in carico una situazione, non mollo. È una questione di rispetto. Di serietà. Non sempre si riesce, ma si prova. E si riprova».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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