Paola Catapano: «Quando al Cern c’era solo il 2% di ricercatrici»

La divulgatrice sarà ospite di «Donne tra le stelle»: «Non c’è differenza tra maschio e femmina su chi è portato per la matematica»
Paola Catapano
Paola Catapano
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«Da grande farò l’astronoma, ma mi piace molto anche recitare in teatro. Mi fanno interpretare la stella cometa. Mi sono innamorata di un libro di favole in inglese. Penso che frequenterò la scuola per interpreti. Va bene, ma il lavoro di interprete simultanea è noioso. Lo alterno con lo sport: basket, vela, sci. Non posso fare a meno di stare all'aria aperta».

Paola Catapano, pugliese, 62 anni, giornalista e conduttrice televisiva, head of Editorial content production e deputy group leader of Education communication and outreach del Cern di Ginevra (l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare), è un fiume in piena o, come si definisce lei, «scatenata». Una chiacchierata con lei e passa la paura per le materie cosiddette Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Il suo entusiasmo è contagioso: «È una fiamma che ho dentro dalla nascita». Catapano sarà presente il 7 e 8 marzo ad Abano Terme (Padova), alla quarta edizione di «Donne fra le stelle», simposio tutto al femminile che vedrà confrontarsi scienziate, astrofisiche, geofisiche e ingegnere aerospaziali.

Il gender gap nelle materie Stem

In Italia, a scegliere le discipline scientifiche è il 16,8% delle ragazze tra i 25 e i 34 anni, a fronte di un 37% dei maschi (rapporto Istat 2024, diffuso il 10 febbraio, alla vigilia della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza).

«All'origine di questo gender gap – spiega Catapano – c'è il pregiudizio sociale: le ragazze devono allevare i figli. Certo qualcosa è cambiato. Quando nel 1990 sono arrivata al Cern, le ricercatrici erano il 2%, adesso sono al 19. Non c'è differenza tra maschio e femmina su chi è più o meno portato per la matematica. Ci sono state delle stelle della scienza fin dai tempi dell'antica Grecia. Questo prova che tutte le donne ce la possono fare».

Con molti sacrifici, anche nella gestione familiare. «Per dirla con parole chiare, bisogna farsi un “mazzo tanto”. Per quanto mi riguarda, l'unica cosa che rimpiango è aver voluto fare tutto troppo bene. Non mi sono mai risparmiata, e ho un po' trascurato me stessa. Per me conciliazione lavoro-famiglia è significato portare con me nelle mie spedizioni mio figlio Alberto. Oggi è grande, ha 27 anni, e guarda caso, è un fisico teorico».

Mentore

A orientare la carriera di Paola Catapano è stato Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica. «All'epoca era direttore generale del Cern e non riusciva a trovare un assistente. Aveva fatto pubblicare un annuncio sul Corriere della Sera. Avevo 26 anni e volevo lavorare all'estero, ma non come interprete. Così decisi di buttarmi. Superai le durissime selezioni, prima in Italia e poi in Svizzera, e fui assunta. Seppi dopo che prima di me si erano presentate 17 persone, ma erano tutte scappate. Sono rimasta in quel ruolo quattro anni e mezzo, i più formativi della mia vita. Ho imparato tutto quello che mi è servito successivamente. Sono diventata una Paola aumentata. Dopo il Master in giornalismo scientifico alla Sissa di Trieste, all'attività di direttrice del servizio di comunicazione multimediale del Cern, ho affiancato quella di divulgatrice scientifica freelance. Ho realizzato reportage per la rivista Newton e Tuttoscienze de La Stampa, documentari per Rai Educational, Rai Internazionale e Rai World».

Ricerca e muse ispiratrici

Catapano durante una spedizione
Catapano durante una spedizione

La divulgatrice ha anche ideato importanti progetti di ricerca scientifica, come la spedizione artica PolarQuest2018 in barca a vela, sulle orme del dirigibile Italia nel 1928. Con il pensiero rivolto alle sue due muse ispiratrici – Margherita Hack («Di lei ammiro il fatto che non guardava in faccia a nessuno») e Marie Curie («Intelligentissima, super sportiva, coraggiosa») – Catapano sta entrando in un'altra fase della sua carriera. «Con la mia associazione PolarQuest, di cui fanno parte scienziati di tutto il mondo, ci occuperemo di spedizioni scientifico-ambientaliste per dare il nostro contributo alla risoluzione delle grandi crisi globali. La ricerca è importante, aiuta a immaginare soluzioni, ma bisogna anche creare una coscienza collettiva. Se vogliamo preservare il nostro pianeta, dobbiamo abbandonare il modello del profitto, e cambiare paradigma».

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