Zani: «Mons. Franceschetti e la sua chiesa aperta e accogliente»

Il Bibliotecario e Archivista del Vaticano ricorda il vescovo scomparso vent’anni fa: «In lui si coglie l’esempio autentico delineato dal Concilio Vaticano II»
Monsignor Gennaro Franceschetti - © www.giornaledibrescia.it
Monsignor Gennaro Franceschetti - © www.giornaledibrescia.it
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Monsignor Zani, vent’anni fa moriva il vescovo Gennaro Franceschetti, come riassumerebbe la vita di un uomo così straordinario?

«Soffermandomi sul profilo della sua persona in quanto vescovo, credo che la chiave di lettura con la quale si potrebbero riassumere le varie caratteristiche emerse nel suo servizio episcopale sia, a mio parere, la seguente: in mons. Gennaro si coglie l’esempio autentico del vescovo come viene delineato dal Concilio Vaticano II. È questa l’immagine più appropriata».

Qual era il vostro rapporto?

«Ho collaborato direttamente con lui nel servizio svolto dal 1981 al 1988 nell’ufficio pastorale della Curia diocesana di Brescia, dove mons. Gennaro era vicario episcopale, prima di essere nominato parroco di Manerbio, ed il sottoscritto era direttore. Dopo quel periodo, i nostri rapporti non solo non hanno subito una interruzione, ma si sono ulteriormente intensificati in vari modi fino a pochi giorni prima della sua morte».

Cosa ricorda del vescovo Franceschetti?

«La memoria di mons. Gennaro risveglia in me una gamma di ricordi che con fatica si riescono a contenere e sintetizzare, data la ricchezza e la poliedricità della sua personalità e dei molteplici compiti da lui svolti. Possiamo dire che l’intero iter della sua esistenza (dalla sua estrazione familiare, agli anni della formazione fino ai vari compiti pastorali affidatigli) possa essere letto come un percorso di molteplici tappe che lo hanno preparato, arricchito e maturato, e sono poi confluite nel periodo del suo servizio episcopale».

Mons. Gennaro fu vescovo di Fermo.

«La cifra interpretativa e riassuntiva del suo operato è il Concilio. Nei documenti del Concilio si legge che il vescovo possiede la “pienezza del sacerdozio”, in nome di Cristo governa la sua Chiesa diocesana e la rappresenta, ne è “il principio visibile e il fondamento dell’unità”. Deve però esercitare la sua autorità come un servizio, valorizzando la corresponsabilità di tutti (presbiteri, diaconi e tutto il popolo di Dio). E poi, essendo anche responsabile dell’evangelizzazione in tutto il mondo, deve tenere desta la coscienza missionaria della Chiesa sia verso il proprio territorio sia verso i popoli lontani. Se questo è il profilo del vescovo secondo il Concilio, in mons. Gennaro troviamo ben attuate tutte le sfaccettature indicate dal magistero ecclesiale».

Monsignor Franceschetti fu vescovo di Fermo
Monsignor Franceschetti fu vescovo di Fermo

Il percorso del giovane don Gennaro si incrocia con quello di un’altra figura straordinaria, ovvero padre Giulio Bevilacqua.

«Nei primi anni sessanta, inizia ad insegnare in seminario e svolge il servizio pastorale nella parrocchia di Sant’Antonio dove era parroco padre Giulio Bevilacqua, futuro cardinale. Sono anni di grande intensità, vissuti accanto ad un testimone straordinario come Bevilacqua, strettamente legato a Paolo VI, e che nella sua parrocchia anticipava l’applicazione delle linee conciliari, soprattutto quelle concernenti la visione ecclesiologica e la riforma liturgica».

Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta si entra in un tempo vivace e per certi aspetti tumultuoso del post-concilio anche a Brescia: tensioni sociali, l’esperienza dei preti operai, il fenomeno del ’68 e la contestazione giovanile.

«È in questo contesto che la diocesi completa la costruzione del nuovo seminario a Mompiano e decide di destinare l’intera struttura di palazzo Santangelo di via Calini a tutte le attività formative della diocesi (come quelle per il giovane clero e la formazione permanente), alla vita associativa, agli incontri degli organi collegiali pastorali: in altre parole, il nuovo Centro diventa lo strumento per dare concretezza e attuazione alle indicazioni del Concilio. Per questa nuova realtà viene scelto Gennaro Franceschetti come primo direttore. È toccato a lui gestire l’adattamento degli ambienti e soprattutto impostare la progettazione delle attività e coordinarle con tutte le istituzioni diocesane ed anche regionali. Era il 1975, cinquant’anni fa».

Monsignor Gennaro Franceschetti con il cardinale Camillo Ruini - © www.giornaledibrescia.it
Monsignor Gennaro Franceschetti con il cardinale Camillo Ruini - © www.giornaledibrescia.it

Negli anni successivi viene nominato parroco.

«Esatto, dopo alcuni anni dedicati a questo importante lavoro di coordinamento e progettazione delle molteplici iniziative diocesane, raccordate dal Centro pastorale che ne diventa il fulcro e dalla sua figura che ne è il vero animatore, mons. Franceschetti viene promosso parroco a Manerbio. Qui sperimenta un tempo di ulteriore maturazione umana e sacerdotale a contatto con una comunità che cerca di animare sotto tutti i punti di vita, e da qui verrà poi promosso arcivescovo di Fermo».

Come visse questa ulteriore esperienza pastorale?

«Nel periodo della sua permanenza a Fermo io ero direttore dell’Ufficio della Cei per l’educazione, la scuola e l’università e poi sottosegretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede. Oltre alla conoscenza personale, raccoglievo molte informazioni sul suo servizio episcopale da diversi sacerdoti della sua diocesi, che ricoprivano ruoli importanti, e da vari vescovi della Regione che frequentavano gli uffici della Cei e poi della Congregazione della Santa Sede. Da tutti questi contatti non ho mai raccolto una critica sul suo operato, ma solo ammirazione per il suo stile accogliente e dialogico, la sua visione e la sua creatività pastorale, la sua sensibilità per i temi sociali e culturali, il suo amore sempre attento verso ogni persona che incontrava, i suoi interventi concreti sulle istituzioni diocesane (seminario, centro pastorale), la sua grande capacità di interloquire anche con le autorità pubbliche e civili».

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