Storia dei misteri bresciani, dal mostro del Garda alla Dama Bianca

Una leggendario mostro dormiente negli abissi del Garda e un misterioso cerchio stregato in cima a un monte. Un tesoro nazista sepolto nei sotterranei di un castello e un volto di pietra che porta la firma del diavolo. E ancora quattro fantasmi, tutti di donne, che fanno cicliche apparizioni ai cantoni della nostra provincia, richiamando curiosi e studiosi d’occulto. Il territorio bresciano è ricco di folklore, leggende e aneddoti, ma alcuni, più di altri, solleticano l’immaginario collettivo. Eccone alcuni.
La Stonehenge di Nuvolera
Ogni paese ha il suo anatema. Lo «spauracchio» che costringe a letto i bambini e li convince a mangiare le verdure per cena. A Nuvolera lo chiamano «Sercol», il cerchio. Un angolo da leggenda in cima al Monte Cavallo, che nella memoria atavica ha il sapore di sabba e di streghe.

«Se non stai buono ti porto su al sercol» dicevano le bisnonne e le nonne, per impartire la buona creanza ai monelli. La realtà scoperta dagli studiosi è un po’ diversa, ma altrettanto affascinante. Essendo il luogo impervio, e reso impenetrabile da boschi di castagno tappezzati di rovi spinosi, è grazie a Google Earth che si è scoperto che il «Sercol» è effettivamente un grosso cerchio dalla circonferenza enorme, di forma quasi perfetta, e di inconfondibile fattura umana: almeno 42 metri il diametro costituito da centinaia di tonnellate di massi.
Una vera e propria Stonehenge, come confermato dal professor Alberto Pozzi, archeologo comasco e uno dei massimi esperti in Europa di megalitismo e civiltà preistoriche e protostoriche. Il «Sercol» sarebbe una costruzione religiosa, mai entrata in contatto col cristianesimo, che potrebbe avere fra i 2500 e i 3500 anni. Dunque un’area sacra, o una postazione per le osservazioni astronomiche: in ogni caso un mistero che continua ad affascinare nei secoli.
Il volto del diavolo

A Rezzato, non lontano dal convento di San Francesco, lungo il sentiero della Rasa, si trova il «mostasù del diaol»: volto barbuto scolpito sulla roccia sedimentaria e che da secoli alimenta superstizioni e leggende. Non si sa chi l’abbia realizzato e perché, ma è con tutta probabilità di epoca celtica. Le incisioni e i graffiti sulla roccia, fra cui numerose croci, la scritta «diaboli» e il cristogramma «Ihs» alimentano la credenza popolare che si tratti di un ritratto infernale.
I lingotti del Reich

È decisamente più recente, e ha un po’ il sapore di un mistero all’Indiana Jones, quello che ammanta i sotterranei del Castello di Desenzano. È qui che, secondo gli studiosi dell’associazione Xplora, sarebbe nascosto un tesoro nazista, composto da lingotti d’oro e fasci di banconote.
All’origine della leggenda il fatto che il maniero era stato occupato dallo stato maggiore della Wehrmacht, che durante gli attacchi aerei si rifugiava in un sotterraneo al centro del quale si apriva un pozzo. L’occultamento del tesoro risalirebbe al 1945, se si deve credere alla testimonianza di Franz Karner, austriaco prestato alla Wehrmacht dalle Ss. Fu lui a spiare un gruppetto di ufficiali intenti calate il tesoro di lingotti dentro il pozzo.
Il mostro del Garda
Non è Loch Ness, ma il Garda. Eppure la leggenda accomuna il lago scozzese al nostro Benaco, dove un abominevole mostro nuoterebbe indisturbato. Una suggestione che, tredici anni fa, richiamò nel Bresciano addirittura gli «indagatori» dell’occulto della trasmissione «Mistero», condotta da Marco Berry.

Era il 17 agosto 1965 quando, alla Baia delle Sirene, davanti agli occhi di increduli turisti si verificò un fatto eccezionale. Scrissero i giornali locali: «Una trentina di persone, inglesi, tedeschi, italiani e la giovane americana Camille Finglet, hanno assistito all’emersione di una specie di grosso serpente lungo una decina di metri, con un diametro di una ventina di centimetri e quattro gobbe. Di color marrone, la Nessie del Garda procedeva con un movimento ondulato sulla superficie del lago».
Nei giorni successivi lo stesso animale sarebbe stato avvistato sia sulla sponda veronese che su quella bresciana, tra Gardone e Salò. I pescatori riferirono poi di reti strappate e pesci divorati. Da allora sporadici avvistamenti si sono succeduti, ma nessuno ha mai provato l’esistenza di Bennie.
Le donne fantasma
I fantasmi di quattro donne. Quattro figure carismatiche che con la loro effimera presenza infesterebbero luoghi specifici della nostra provincia.
La Dama Bianca

La più nota è sicuramente la Dama Bianca, signora del Castello di Padernello. Leggenda vuole che Biancamaria Martinengo, discendente della nobile famiglia e nipote di Bartolomeo Colleoni, sia morta tragicamente precipitando nel fossato del maniero il 20 luglio 1480, a soli 14 anni. Ogni dieci anni, la stessa notte della sua morte, il suo fantasma ricompare nel castello vestito di bianco, con in mano un libro aperto dorato contenente il suo segreto. Gli ultimi avvistamenti registrati risalgono al 2005 quando, il 20 di giugno e il 20 di luglio, le finestre del Castello mandarono strani bagliori.
Marlene Dietrich

A dicembre 2016 gli «acchiappafantasmi» sono arrivati in piazza Loggia. E armati di telecamere a infrarossi, rilevatori di cambiamenti di calore e umidità, e sensori acustici si sono messi all’opera per intercettare lei. L’angelo azzurro che leggiadra scivolerebbe di notte sul selciato della piazza.
Chissà, con il cilindro ben calzato sui boccoli corti. O forse, fasciata dentro a un abito di lustrini, osservando da una finestra la gente, col filo sottile di fumo che filtra dalla sigaretta. Parliamo di Marlene Dietrich: la diva che fece innamorare Hollywood si aggirerebbe nottetempo nel cuore di Brescia. A confermarlo numerosi testimoni – la più giovane di 42 anni e il più anziano di 84 – con avvistamenti a cadenza regolare nel corso di tre anni. Il motivo della sua presenza a Brescia? Mistero nel mistero, ma è bello immaginare una struggente storia d’amore.
L'imperatrice Sissi e Claretta Petacci

Infine due altri curiosi avvistamenti localizzano sull’Alto lago di Garda nientemeno che gli spiriti dell’Imperatrice Sissi, intercettata per ben quattro volte fra il 2010 e il 2018 all’ingresso di Gargnano; e di Claretta Petacci, che in tre distinte occasioni si sarebbe invece palesata sul lungolago di Salò. Il suo fantasma sarebbe apparso sempre all’ottavo lampione della passeggiata partendo dal ponte Viganò. L’amante di Mussolini sarebbe addirittura stata filmata, ma il stesso video resta un mistero.
Valcamonica
È un luogo ricco di misteri e spiriti, la Valcamonica. Ce lo racconta il saggio «Morti e anime confinate in Valle Camonica e nelle vallate bergamasche» degli studiosi Loris Bendotti e Luca Giarelli. Una lettura interessante ed inquietante insieme, che fornisce un elenco dei «cunfinàcc», relegati con l’aiuto dei parroci dove non potevano creare danno, spesso vallate isolate o cime dei monti. Non erano necessariamente spiriti malvagi: a volte si trattava di anime accolte e addirittura invocate.
L’origine del confino è fatta risalire alla metà del XVI secolo. A Gorzone di Darfo raccontano che «prima del Concilio di Trento la gente vedeva girare gli spiriti, li vedeva andare in processione, portando invece di candele, chi un braccio, chi una gamba da morto... Il papa, constatato che una cosa del genere non doveva continuare, decise di tenere il grande Concilio di Trento, per impedire alle anime confinate di farsi vedere dai vivi e alle streghe di fare del male».

Una 75enne di Paspardo conferma: «È stato il Concilio di Trento a mettere quella usanza. Prima i morti andavano in giro per il paese, ce n’erano dappertutto». Così gli spiriti sono stati banditi. «Ci sono valli solitarie, brulle, selvagge che ne albergano a centinaia. C’è la Val d’Aola o del Diavolo, su in alta Valle, che s’insena nei fianchi a nord dell’Adamello che ne alberga tante e tanche e chi ci passa per disgrazia in certa stagione dell’anno muore di spavento» si legge nel saggio.
Nel quale sono elencati, ricavandoli dall’analisi dei compendi di racconti e leggende locali, le aree destinate al confino delle anime: la Val Pisgana, la valle del torrente Narcanello caratterizzata dalla Vedretta del Pisgana (3.290 m) nel comune di Ponte di Legno; la Val d’Avio raggiungibile dal comune di Temù; il Corno dell’Agna nel comune di Corteno Golgi; la Val Rabbia a Sonico e la Valle di Campolungo, forse identificabile con un’area in comune di Bienno.
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