Da dove arriva il rito del rogo della vecchia

I più audaci risalgono addirittura fino alla preistoria, quando il tempo si faceva mite (e a quei tempi c’era poco da scherzare con l’inverno) i nostri pro pro pro genitori uscivano dalla caverne (umidissime è facile immaginare) e si ritrovavano per bruciare un fantoccio dalle sembianze umane, poi però non bevevano un bicchiere di vin brulé. Un rito per scacciare la brutta stagione e invocare una primavera (benevola). E siccome stiamo parlando di centinaia di migliaia di anni fa, tramandare quella tradizione di generazione in generazione fino ad oggi, ovvero fino ai contemporanei roghi della vecchia, non è stata certo poca cosa. Anzi. Ma è davvero così? Oppure attribuire ai nostri antenati, che facevano i primi passi nell’evoluzione, l’invenzione dell’appuntamento di meta quaresima, tanto diffuso nella provincia di Brescia (soprattutto nella Bassa Bresciana), è un affascinante, quanto bizzarro, esercizio di fantasia?
Le ipotesi
Se si vuole avere un’idea confusa (e quasi sempre senza nessun fondamento) basta fare una ricerca su internet (e dove se no?). Per alcuni questa usanza è riconducibile a riti purificativi e propiziatori diffusi in epoca pre-cristiana. I Celti (vuoi non citare i Celti?) per ingraziarsi le divinità bruciavano (appunto) un fantoccio che rappresentava il passato; e mentre il falò ardeva tutto attorno si ballava cantando formule augurali. Tradizione che poi, a sua volta, si sarebbe innestata in quella cristiana: un giorno di svago nel mezzo della quaresima per interromperne l’austerità. Anche in questo caso una suggestione intrigante, di pezze giustificative però nemmeno l’ombra. La questione fondamentale è stabilire quanto il rogo della vecchia sia davvero da considerarsi tradizionale e se davvero le sue origini si perdano nella notte dei tempi.
Folklore o vicende storiche?
Quanto indietro possiamo risalire? «Sicuramente non di troppi secoli, basti dire, per esempio, che gli Statuti rurali (e siamo nel XIII/XIV secolo) vietavano i roghi nelle vicinanze delle case, il perché è presto detto: per quelle abitazioni in legno sarebbe stato un grosso pericolo, con il rischio di distruggere interi villaggi». Per aiutarci a risolvere il mistero di questo rito sicuramente apotropaico (che serve cioè ad allontanare il maligno e le negatività) ci siamo rivolti al professor Angelo Baronio, già docente di Storia medievale all’Università Cattolica, uomo di cultura dalla spiccata capacità divulgativa, il tutto condito da una sana dose di elegante ironia. «C’è una diffusa passione – sottolinea – a contrabbandare per storiche vicende che non lo sono, attorno al folklore ci sono poi dinamiche (e vicende) molto complesse da studiare con attenzione». E competenza.
Dove possiamo quindi trovare la nascita dei roghi della vecchia del giovedì grasso? «Personalmente, li collocherei tra fine Settecento e inizio/metà Ottocento, e li legherei alla tradizione contadina, soprattutto per quanto riguarda le vigne. In questo periodo venivano potate e poi, probabilmente, ci si ritrovava per bruciare le sterpi, anche come rito benaugurale per la successiva raccolta».
Non solo, «la figura del fantoccio caratterizzato come vecchia potrei invece collegarlo alla caccia alle streghe. Ma ripeto, parliamo di una tradizione nata in epoca moderna». La messa in scena di un processo potrebbe ricollegarsi quindi all’Inquisizione. Per il professor Baronio non c’è nessun legame con il cristianesimo, il rogo sarebbe quindi a metà quaresima per una questione banalmente legata al periodo.
Il dibattito è aperto.
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