Quando le cassette della posta erano mobili e salivano sui bus

Le prime notizie storiche delle cassette rosse risalgono alla fine dell’Ottocento. Nel 1886 la direzione generale delle Poste stipula un contratto con l’officina meccanica di Ettore Calzone per produrre cento cassette mobili con impressa la scritta Regie Poste.
Tra il 1893 e il 1894 le stazioni ferroviarie più importanti, come quella di Milano, ne sono dotate. Poi spuntano anche sugli automezzi adibiti al ritiro della corrispondenza e nei grandi alberghi. Quando gli omnibus per il trasporto dei passeggeri partivano, le cassette venivano staccate e messe sui mezzi per essere consegnate per la vuotatura.
Nel Novecento
Nel 1899 le cassette fisse in Italia erano quindicimila, quelle mobili, nelle stazioni, sui treni, sui tram, sui piroscafi, negli alberghi, 4.260. Durante la Prima guerra mondiale speciali Uffici Postali – casse di legno corredate di sgabelli e appoggio che una volta aperte si trasformavano in ufficio – accompagnarono le truppe al fronte.
Dopo il referendum che sancì il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, nel 1946 le Poste eliminano dalle cassette l’emblema del Regno d’Italia. Tra il 1950 e il 1960 fa la sua comparsa la cassetta di Posta Aerea e Pneumatica: viaggiava velocemente da un ufficio all’altro all’interno della stessa città, grazie a una rete di condutture sotterranee e ad impianti ad aria compressa. Il servizio è rimasto in funzione fino al 1981. Tra il 1961 e il 1965 arrivano le cassette a due feritoie. Permettono di separare la posta diretta in città da quella diretta altrove.
I volumi di posta ormai sono molto elevati: la corrispondenza nel 1960 supera i cinque miliardi del 1960, su scala nazionale. Tra il 1963 e il 1965 vengono installate 3.000 cassette, seguite da altre 4.000 nel ’70, 3.000 nel 1971, 2.400 nel 1977, 2.900 nel 1981, 1.800 nel 1983, 1.300 nel ’92.
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