Storie

Brescia in macerie: 81 anni fa il feroce bombardamento

Agostino Alberti
In totale gli attacchi dopo il 14 febbraio 1944 furono undici e costarono la vita a 435 persone
Un B-24 - © www.giornaledibrescia.it
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Dal 14 febbraio 1944, a pochi mesi da quell’8 settembre che rivoluzionò gli scenari della Seconda guerra mondiale, Brescia fu sottoposta a sette incursioni aeree diurne da parte dei bombardieri pesanti americani, alle quali si aggiunsero quattro bombardamenti notturni di velivoli britannici. Non va poi dimenticato lo stillicidio di attacchi, mitragliamenti da parte dei cacciabombardieri alleati.

Un obiettivo importante

La Leonessa, allora come oggi importante snodo di comunicazioni, centro industriale, sede di fabbriche di armi e munizioni e di caserme, costituiva un obiettivo importante per le forze aeree alleate. E l’obiettivo principale, sin dal primo bombardamento, fu lo scalo ferroviario. Il prezzo pagato dai bresciani fu elevatissimo: 435 persone persero la vita sotto le macerie e centinaia rimasero ferite. Sul solo capoluogo, le fonti archivistiche (da quelle dell’Air Force Historical Research Agency statunitense ai «mission reports» dei singoli reparti dell’allora Usaaf) consentono di indicare in 6.106 le bombe cadute sulla città (con pesi oscillanti tra le 250 e le 4.000 libbre, all’incirca tra i 100 chili e quasi 2 tonnellate). Elementi che permettono di escludere che obiettivo degli Alleati fosse provocare strage fra i civili.

Danni ingenti

Potenzialmente, avrebbero potuto radere al suolo Brescia, con ben pochi fastidi se si considera la scarsa efficacia della contraerea locale: dei 626 bombardieri che presero parte alle incursioni, solo due non fecero ritorno alla base perché colpiti dalle batterie antiaeree a protezione della città. Se Brescia contò danni ingentissimi specie nelle sue strutture civili (furono censiti circa 35mila vani distrutti) lo si deve in larga parte a un livello di imprecisione dei lanci considerato per le tecnologie belliche del periodo fisiologico.

Piazza Duomo dopo il terribile bombardamento -  Foto archivio centro studi Rsi
Piazza Duomo dopo il terribile bombardamento - Foto archivio centro studi Rsi

I limiti

I limiti dei congegni di puntamento, le condizioni di scarsa visibilità, il margine di errore umano e mille variabili facevano sì che fosse considerato preciso un bombardamento che avesse visto il 50% degli ordigni colpire entro un raggio di 300 metri dal punto di mira. Un raggio in cui inevitabilmente potevano ricadere case, ospedali, scuole, chiese... Senza contare gli effetti collaterali del restante 50%, disseminato in un’area ancor più ampia. D’altro canto, drammaticamente, anche le cronache odierne ci ricordano come, nell’era delle «bombe intelligenti», la maggior parte delle vittime sia costituita da civili inermi.

Devastazione

Esempio eclatante di come la situazione potesse degenerare, viene dal più devastante tra i bombardamenti che colpirono Brescia, che avvenne il 13 luglio 1944 e che costò 195 vittime. Quello che anche le fotografie storiche hanno consegnato tristemente alla nostra memoria collettiva: la cupola del Duomo nuovo ferita e con essa il Broletto, la Biblioteca Queriniana, il Vescovado, l’odierno rettorato di piazza Mercato, Canton Mombello, piazza Vittoria e l’albergo del Gambero, che collassò uccidendo i molti accorsi nel sottostante rifugio. L’attacco era stato preceduto da quello notturno inglese: destinato allo scalo ferroviario fu piuttosto preciso e colpì, oltre all’obiettivo, gli stabilimenti Breda, Folonari, Togni, Tempini e le tramvie. Non così il blitz mattutino.

Uno scorcio di Corso Martiri della Libertà dopo i bombardamenti - © www.giornaledibrescia.it
Uno scorcio di Corso Martiri della Libertà dopo i bombardamenti - © www.giornaledibrescia.it

I documenti

I documenti (specie quelli dei 98th, 376th, 449th, 450th Bomb Group statunitensi, molte volte consultati anche assieme a Luca Merli per le ricerche del gruppo AirCrash Po al fine di individuare resti di velivoli e ricucire strappi della storia) non lasciano dubbi sulla rotta seguita e sulle direzioni di avvicinamento. Elementi che confutano la tesi per cui il bombardamento era diretto al centro.

L’attacco

L’attacco su una vasta area del Nord Est – da Brescia a Trieste – volto a ostacolare gli spostamenti di truppe tedesche, vide in volo oltre 700 bombardieri pesanti e una massiccia scorta di caccia. Sulla sola Leonessa si concentrarono alle 11 ben 84 B-24 del 47th Bomber Wing. La prima ondata aveva come target lo scalo merci della Piccola velocità, mentre la seconda, affidata al 450th Bomb Group, doveva mirare alla stazione cittadina. Solo i primi aerei colpirono lo scalo di via Dalmazia. Altri sganciarono in anticipo e centrarono la Breda, la Caffaro, l’area di via Milano. Molti aerei non sganciarono neppure i propri ordigni a causa del fumo sollevato dalle precedenti esplosioni e puntarono su Verona.

Per errore

Furono dunque bombardieri del 450th BG – come peraltro rilevato dallo studioso bresciano Valentino Rossetti che ha ricostruito numerose incursioni del periodo –, giunti sulla città da una rotta più spostata verso Est, a sganciare in anticipo. E fu così che la gran parte delle bombe colpì il centro. Per errore e non per scelta. Anche se ciò nulla toglie al dolore e al prezzo di vite umane versato da Brescia come da ogni città in guerra.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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