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Torneo Dimmidisì, Lorenzi torna in terra bresciana dopo 15 anni

Il 37enne senese, tra gli atleti più titolati del circuito Challenger: «Essere numero 1 mi motiva moltissimo»
Paolo Lorenzi: numero uno al Challenge di Manerbio - © www.giornaledibrescia.it
Paolo Lorenzi: numero uno al Challenge di Manerbio - © www.giornaledibrescia.it
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«A tennis non sono tanto buono, ma a carte non mi batte nessuno». Si presenta così, con la sua proverbiale affabilità e simpatia, Paolo Lorenzi ai volontari dello staff del Challenger di Manerbio. Per la testa di serie numero uno si tratta di un ritorno nella bassa bresciana, dopo averci già giocato nel lontano 2004. «È passato tanto tempo - afferma - ma ricordo bene come andò quella settimana. Uscii subito al primo turno contro Novak Djokovic. A pensarci ora non avevo avuto molta fortuna nel sorteggio». Stavolta la situazione è capovolta, sulla carta l'uomo da battere è proprio il senese.

«Non guardo molto a questo, ci sono tanti giocatori forti in tabellone, il seeding è qualcosa di oggettivo che spesso non rispecchia i veri valori di forma. Sicuramente essere la testa di serie numero uno mi motiva ancor di più». L'esordio di «Paolino», in programma questo pomeriggio alle 17, avverrà contro il teutonico Peter Torebko: i due si sono già affrontati nemmeno un mese fa in quel di Umago, con l'italiano capace di spuntarla dopo una maratona di tre ore. «Basta questo fresco precedente per capire che non sarà una passeggiata, tutt'altro. Lui ha messo in mostra un buon livello di gioco negli ultimi tornei e al primo turno ha battuto un ottimo tennista come Cervantes».

Paolo Lorenzi è tra gli atleti più titolati del circuito Challenger, con più di 300 vittorie all'attivo e 21 titoli che lo collocano al terzo posto (dopo Lu e Sela) nella classifica di tutti i tempi. «A dir la verità non ci penso molto a questi record - spiega -: ogni tanto l'Atp mi avvisa di qualche curiosità o di qualche cifra tonda ma non ci bado più di tanto». Gli obiettivi sono ben altri, come ad esempio le Olimpiadi di Tokyo. «Fare progetti a lungo termine non è semplice, perché può dipendere tutto da piccole sottigliezze, tipo gli infortuni. Sicuramente l'idea è quella di giocare anche per tutto il 2020, soprattutto se riesco a mantenere una classifica adeguata. Poi si vedrà».

A dicembre saranno 38 le candeline da spegnere, e al momento, tra i primi 200 del mondo, soltanto Federer, Lopez e Karlovic sono più anziani di lui. La sua infinita passione e la sua umiltà, però, dopo vent'anni di circuito non gli fanno pesare la vita da tennista professionista e lo rendono, ancor di più di quanto già non lo sia stato durante la sua lunga carriera, un esempio per gli appassionati e per i giovani atleti che si vogliono cimentare in questo sport.

 

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