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Marcell Jacobs: «Vi racconto le mie Olimpiadi»

Il doppio oro olimpico parla al GdB tra passato e futuro: «Il più veloce del mondo? Mi fa ancora effetto dirlo»
Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo - Foto Epa/Joe Giddens © www.giornaledibrescia.it
Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo - Foto Epa/Joe Giddens © www.giornaledibrescia.it
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Si spengono le luci, gli amici se ne vanno. Ma i riflettori restano accesi. Perché ora su Marcell Jacobs risplende l’aurea di quelle due meravigliose medaglie olimpiche del metallo più pregiato e il dopo - ciò che è iniziato l’altra sera con la festa tra parenti, staff e amici più stretti - sarà ancora luminoso grazie alle imprese del desenzanese in terra nipponica.

La maturità sportiva raggiunta dal quasi ventisettenne campione olimpico dei 100 e dei 4x100 è stata anche in una serata sobria per celebrare i trionfi ed il ritorno in Italia dopo più di due settimane in Giappone. Niente sfarzi, niente eccessi, niente iperboli: una semplice tavolata lunga all’aperto in un bel ristorante di Roma, in zona Ponte Milvio, non troppo lontano dal Foro Italico dove spesso si allena e dove ha costruito il suo capolavoro a cinque cerchi. Una serata finita poco dopo la mezzanotte: un po’ per la stanchezza dopo il lungo volo intercontinentale e un po’ perché anche i figli Anthony e Meghan avevano giustamente bisogno di riposo nel silenzio di casa dopo il can-can di una giornata comunque indimenticabile. Condita dagli affetti, dall’emozione di vedere tutta la sua famiglia all’aeroporto ad attenderlo. Dalla cena con Paolo Camossi e del resto dello staff, l’allenatore che ha guidato alla perfezione la squadra capace in due anni di togliere di dosso la paura del fallimento a Marcell, mettendogli lo smalto per risplendere e sprigionando i cavalli del suo motore.

  • L'arrivo a Roma di Marcell Jacobs
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Il vialetto dal suo posto a capotavola all’uscita del ristorante era molto meno dei 100 metri di gloria corsi a Tokyo, eppure ci sono voluti molto più dei 9’’80 che hanno iscritto il nome di Jacobs nel firmamento della velocità. Gli autografi sulle cartoline celebrative, il saluto a zii e cugini, qualche battuta ricordando l’infanzia, qualche «sfottò» che solo chi ha condiviso con lui dolori e gioie può permettersi, compresa una foto con parrucca bianca per formare con alcuni parenti un tricolore. E poi un’instantanea di gruppo con Camossi, il manager Magnani, la mental coach Romanazzi e tutto lo staff. Scatti singoli e «sì» gentili anche agli ultimi clienti rimasti al ristorante. Un saluto generale e un’ultima posa, con i bimbi e la compagna Nicole, per i paparazzi accorsi non appena s’era sparsa la voce che il nuovo «Fulmine» stava festeggiando nella Città Eterna.

Marcell Jacobs firma la copertina del GdB del 2 agosto, all’indomani del primo oro - Foto © www.giornaledibrescia.it
Marcell Jacobs firma la copertina del GdB del 2 agosto, all’indomani del primo oro - Foto © www.giornaledibrescia.it

E nel momento della festa, della rilassatezza dopo due settimane da Dio, Jacobs ha trovato anche il tempo per autografare il Giornale di Brescia del 2 agosto, quello con la copertina celebrativa della sua prima medaglia d’oro. E ci ha raccontato le sue Olimpiadi. Non solo dal punto di vista sportivo e delle emozioni provate. Ma anche ricordando il suo legame con Desenzano, dove tutto è partito e dove i primi maestri l’hanno condotto sulla strada che ha portato al successo.

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Jacobs, si è reso conto con tutto questo affetto all’arrivo di avere compiuto qualcosa di straordinario? «È fantastico, ho sentito tutti gli italiani che mi sono stati vicini. La mia famiglia, tutti quelli che mi sostengono. Ho avuto tantissimi messaggi prima della gara, dopo la gara. Volevo ringraziare tutti, perché mi hanno mandato un’energia assurda».

Quando realizzerà quanto fatto? «In realtà non ho ancora realizzato la prima medaglia, figuriamoci la seconda. Sono state delle belle emozioni, ma ancora devo capire cosa vuol dire essere due volte campione olimpico».

Quanti sacrifici ci sono dietro a questi ori ai Giochi? «Direi che tutte quelle volte in cui sono caduto, mi sono dovuto rimboccare le maniche e rialzare, ricominciare da capo dopo tante batoste prese e gare andate male. Tutti quei sacrifici, quelle fatiche, quei momenti difficili, basta una gara e sono ripagati. Speriamo ce ne siano altre così».

È nato tutto a Desenzano, che ricordi ha dell’infanzia sul Garda? «A Desenzano ci sono cresciuto e ho passato lì il mio tempo fino ai 22 anni. Mi ricordo tutto perfettamente e appena ho l’occasione la prima cosa che faccio è tornare. Ci sono i miei amici, quelli con cui sono cresciuto sono lì e per me è sempre un piacere rivederli. Per tutto quello che hanno fatto, per tutto il tifo che c’è stato, li devo solo ringraziare: ho sentito la loro vicinanza, devo tanto a Desenzano».

A proposito di ritorni. Il 25 settembre si dice che inaugurerà lo stadio nuovo di atletica a Sanpolino, in città, e poi sarà proprio nella sua Desenzano per ricevere l’omaggio della tua gente? «Non lo sapevo - sorride il campione per nulla turbato -. Il 25 settembre tra l’altro è il compleanno di mio fratello e il 26 il mio, quindi si festeggerà in grande».

Nel momento del trionfo, non ha dimenticato i suoi primi allenatori: Adriano Bertazzi che l’ha portata dal calcio all’atletica, Gianni Lombardi che l’ha guidata da adolescente a Desenzano. Che legame c’è ancora con loro? «Io devo tanto a loro, perché sono quelli che mi hanno fatto scoprire questo sport e mi hanno accompagnato in un percorso che mi ha fatto maturare come sportivo e a livello umano. Soprattutto Gianni è stata una figura che mi è stata vicina nei momenti importanti: sai, sei ragazzino e magari preferisci divertirti anziché fare l’atleta, lui invece è stato quello che ha saputo indirizzarmi nella strada giusta. Gli devo veramente tanto».

Nella straordinarietà dei suoi Giochi, quasi è passato sottotraccia che in ogni sessione corsa ha fatto realizzare un record italiano, oltre che due primati europei tra semifinale e finale dei 100. Ci aveva pensato? «Sapevamo che le Olimpiadi erano l’appuntamento più importante e bisognava arrivarci nel migliore dei modi, ci siamo riusciti al 100%. Abbiamo fatto 5 record personali comprese le staffette, due europei, una vittoria individuale ed una di squadra. Abbiamo fatto qualcosa di incredibile. Ma non pensavo così bene».

A maggio ci disse dopo il record italiano che a 9’’90 c’era il bronzo olimpico. Pensava solo a quello all’epoca? «No, nei miei sogni c’è sempre stato l’oro. Quando devi sognare, devi sognare quello che vuoi e quindi bisogna farlo in grande. Io sapevo che per il bronzo serviva 9’’90 e infatti De Grasse ha fatto 9’’89. Ma non sapevo che per l’oro servisse 9’’80. Ci ho sempre creduto, quindi è diventata un’Olimpiade incredibile».

Ha mai pensato a come sarebbe andata se i Giochi non fossero slittati di un anno? «Assolutamente sì, forse sarebbe stato qualcosa di completamente differente. Ho avuto un anno in più per prepararmi e cambiare tante cose. Meno male che è stata disputata nel 2021...».

Andava forte già a maggio quando a Savona fece il primo record italiano. Forse è stato quasi un bene anche quel piccolo infortunio a fine primavera? «Mi ha rallentato e mi è stato utile - aveva detto alla Gazzetta in un’intervista prima di imbarcarsi da Tokyo -. Mi ha permesso di tirare il fiato prima di entrare nel tunnel olimpico».

E di centrare anche la gioia condivisa della 4x100, nonostante qualche rivalità non mancasse… «Con Tortu i ruoli si sono invertiti, adesso tiro io. In questo passaggio può darsi che qualcosa abbia incrinato la fiducia reciproca. Un saluto mancato, un complimento non fatto. Ma conosco Filippo, lo stimo, e so che queste cose non vengono direttamente da lui».

Come ci si sente ad essere l’uomo più veloce del mondo? «Mi fa ancora effetto a dirlo, non mi ci sono ancora abituato per bene».

E ora quali sono i prossimi obiettivi? «Innanzitutto preparare per bene le ultime due-tre gare della stagione, voglio riuscire a riconfermare quello che ho fatto alle Olimpiadi. L’anno prossimo ci saranno tanti obiettivi importanti, dall’indoor agli Europei e ai Mondiali. Sono già determinato per centrarli. Parigi 2024? Non ho mai pensato fosse lontano, anzi dovremo arrivare ancor più preparati di adesso e riconfermarci un’altra volta».

Adesso tutti la vogliono. È stato anche invitato al Gp di Formula 1 di Monza: il tempio della velocità per l’uomo più veloce del mondo, che effetto fa? «Dovrei essere in vacanza in Messico con Nicole, ma vediamo. Sono un grande appassionato di F1, seguo ogni gara e anche quando sono via mi collego per vedere le corse. Per me è un sogno. Guidare? Magari, anche no. Vorrei chiederlo di provare una vettura, una Ferrari naturalmente. Ma credo sia tanto difficile. Piuttosto ho visto che qualcuno ha fatto dei giri di pista con Leclerc, con un’auto con un sedile a fianco. Quello sarebbe più facile. Altrimenti io al volante so che al primo rettilineo tiro dritto...».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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