Brescia, Pasini: «Lo stadio non è una priorità, ecco come sarà il Cda»
Lo stadio «non è un tema sul tavolo», verrà affrontato più avanti. Poi la conferma: «Il consiglio d’amministrazione sarà composto da tredici membri». E il Brescia «avrà due vicepresidenti».
Su Teletutto è ripartito «Messi a fuoco», e la prima puntata della stagione è dedicata al progetto Union: presenti in studio, insieme ad Andrea Cittadini ed Erica Bariselli, il patron dei biancazzurri Giuseppe Pasini, la sindaca Laura Castelletti, il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini (collegato da Roma) e Norberto Rosini, commercialista che ha scelto di appoggiare la nuova società in veste di sponsor.
Il Rigamonti

La questione stadio è una delle più rilevanti. Pasini conferma quanto detto poco prima dalla sindaca, vale a dire che «in questo momento le priorità sono altre». Il presidente del Brescia ammette però che «nel calcio moderno avere un impianto di proprietà è determinante. E rispetto al passato c’è la legge stadi che altre società hanno già sfruttato, e che può rappresentare un aiuto».
Senza dimenticare che, in assenza di passi concreti, nel 2028 scatterebbe anche un vincolo culturale sul Rigamonti: «È così, e quindi l’argomento andrà affrontato. Allo stesso modo dico che mi piacerebbe riportare tutto il settore giovanile a Brescia: il San Filippo, così come la Badia, sono due opzioni. In questo momento non pensiamo a Torbole: c’è un dialogo con la città, è normale che si dia priorità a quello, prima di rivolgersi a un privato».
Anche Ettore Prandini sostiene che «in prospettiva un ragionamento vada aperto, avere uno stadio moderno è un arricchimento per tutti». Qui s’innesta il paragone con Bergamo: «Loro ci sono riusciti, e noi non siamo certamente da meno».
Marchio e Cda

A fine mese si delineerà il nuovo consiglio d’amministrazione. I membri saranno tredici: «Tanti hanno chiesto di partecipare, e vorremmo dare spazio a tutti – ammette Pasini –. Anche questo è molto significativo: parliamo di imprenditori che hanno agende fittissime, impegni in tutto il mondo, ma vogliono comunque esserci. La dice lunga sull’affetto che c’è intorno al Brescia».
Quanto al marchio Corioni, non ci sono al momento novità sostanziali: «Valutiamo con la curatela la possibilità di usufruire di una sorta di comodato d’uso – ribadisce il patron dell’Union –. Attualmente sono in corso due dispute legali ad esso correlate, acquistarlo significherebbe buttarsi in entrambe. C’è poi la questione della “V”, che noi vorremmo riportare sulle maglie, ma in questo momento è in mano alla società di Cellino».
L’ex presidente

A proposito dell’imprenditore sardo: «Ero convintissimo che sarebbe ripartito dalla C, con una squadra costruita per tornare in B già quest’anno», assicura Pasini. «Non ho mai preso in considerazione la possibilità di acquistare il Brescia da lui. Io comunque non provo alcun rancore nei suoi confronti, forse lui ne ha nei miei».
Cellino, a ogni modo, fa parte del passato: «Guardiamo avanti», esorta il patron di Feralpi Group. Che prima di liquidare l’argomento, però, si concede una stilettata: «Trovo abbastanza gravi alcune delle dichiarazioni che ha rilasciato in passato sui bresciani. Questo è un territorio che ha potenzialità immense: siamo un popolo di lavoratori, per me rappresentarlo è un orgoglio».
Anche la sindaca torna brevemente sul rapporto con il vecchio presidente: «Il primo approccio con me era stato un elenco delle negatività che attribuiva ai bresciani. Con lui, comunque, non ci sono mai stati pregiudizi o cattive volontà. È però chiaro che se trovi sempre davanti un muro, costruire delle relazioni diventa più complicato».
Le ambizioni
L’obiettivo dichiarato è tornare in serie B nell’arco di tre stagioni: «La squadra che abbiamo allestito se la può giocare, ma ce ne sono altre molto attrezzate: penso al Vicenza, che ci prova da anni – sottolinea Pasini –. Se non ci riusciremo quest’anno, ci riproveremo il prossimo. È ovvio che se ce la faremo prima ne sarò felicissimo. La serie C è un purgatorio, prima la abbandoni meglio è. Ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che sia un campionato difficile. Poi, più in là, potremo anche ragionare sulla possibilità di fare un salto ulteriore. Ma se punteremo alla serie A sarà per restarci, non per tornare subito indietro. Non sarebbe da Brescia».
Ambizione e prudenza, in questo quadro, non sono elementi in conflitto. Ettore Prandini sposa questa tesi: «Mi auguro che Brescia torni rapidamente ad alti livelli, ma oggi fare calcio è davvero complicato. Quest’estate s’è fatto un miracolo, ora c’è tutto da costruire. Passo dopo passo».
I tifosi

Pasini parla anche della parte calda del tifo: «Qualcuno suggerisce che gli imprenditori non volessero il Brescia per paura di trovarsi gli ultrà sotto casa? Non l’ho mai sperimentato, spero non accada (sorride, ndr). È vero, negli ultimi due anni ci sono state delle intemperanze: penso agli scontri dopo il play out col Cosenza. I tifosi sono però persone semplici: non vogliono essere tradite o prese in giro. E poi quando guardo la Curva mi emoziono. Soprattutto quando canta “Madonnina dai riccioli d’oro”».
La rete di imprenditori
Accanto a Pasini, come detto, c’è anche Prandini: «Stiamo facendo qualcosa che a Brescia non si era mai visto. Per quanto mi riguarda era ovvio scendere in campo per dare una mano: sarebbe stato strano il contrario, dopo aver chiesto per mesi uno sforzo a tutte le eccellenze dell’imprenditoria bresciana».

Norberto Rosini, commercialista e fondatore di Rfca Corporate Advisor, ha messo il proprio marchio sui pantaloncini dell’Union: «Il lavoro della sindaca è stato prezioso, e trovare un condottiero come Giuseppe ha stimolato e aiutato gli altri imprenditori. Quello che si sta delineando, per quanto mi riguarda, è un sogno: una public company, aperta anche a tifosi e associazioni di categoria, e non solo agli industriali».
La strada dell’azionariato popolare però è difficile da battere. Gli ostacoli, spiega Pasini, sono di natura prettamente normativa: «La legge che sta passando definisce l’azionariato popolare una società di benefit, una onlus. Nessun fondo vorrà entrare in una società se non avrà la possibilità, in prospettiva, di incassare un minimo di dividendo».
Sono altre, in questo momento, le preoccupazioni del numero uno di Feralpi Group: «Dovrò gestire tante personalità forti, ma ho dalla mia l’esperienza da presidente di Confindustria che mi rassicura. Il calcio in questo somiglia alla politica: ognuno può pensarla come vuole, ma alla fine dev’esserci una figura che decida e dia una direzione».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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