Brescia, Pasini: «Quando Corioni chiese aiuto non ero pronto, ora sì»
Passato e presente. Se non fosse che nel mezzo c’è stata un’altra lunga e controversa parentesi, la consegna di un premio alla famiglia Corioni (all’interno della Rondinella d’Oro, andata in scena all’Auditorium San Barnaba ieri pomeriggio) da parte di Giuseppe Pasini, attuale presidente dell’Union Brescia, sarebbe un fantastico passaggio di consegne.
In qualche modo lo è, anche con ammissioni sul passato («quando Gino chiese aiuto non ero pronto», ha ammesso Pasini), volontà attuali (c’è sul tavolo la questione marchio) e le mire future («vorrei andare in serie A come fece lui»).
Pasini, cosa significa consegnare un premio alla famiglia Corioni?
«Era giusto essere qui. È un uomo che sicuramente ha lasciato un grande segno nel calcio bresciano. Speriamo di essere in grado di farlo anche noi. Gino ha dato tanto a questa città – ha detto anche sul palco in San Barnaba – e non sempre è stato aiutato. Quando era presidente chiamò anche in Confinfustria per chiedere sostegno e c’ero anche io: la verità è che allora non ero pronto per fare quello che chiedeva. Ora l’ho fatto e spero di portare Brescia dove l’ha portato anche lui».
Questo entusiasmo nella piazza la invita a bruciare i tempi?
«Corioni ha fatto cose grandiose – ha detto Pasini anche a margine – portando dei grandissimi campioni a Brescia. È ovvio che sarebbe bello riportare la squadra in serie A, ma abbiamo fatto un programma triennale e rimango prudente, perché il calcio lo conosco bene. Iniziamo a fare un buon campionato, se poi già quest’anno riusciremo a salire tanto meglio. Bisogna aspettare almeno le prime 6-7 partite per capire i valori».
Il dato degli abbonamenti (oltre 5.500) la rende estremamente felice?
«Sì, sono molto soddisfatto. Devo dire grazie ai tifosi, anche se qualcuno ha cercato di spaccarla questa tifoseria. Abbiamo una curva che non è né di C, né di B, è da serie A».

Cosa significa tutto ciò?
«Che Brescia aveva voglia di vivere qualcosa che andasse al di là del calcio. Brescia aveva voglia che i bresciani ci mettessero la faccia, come stanno facendo. Oltre a me abbiamo altri soci, tutti bresciani (e a tal riguardo, commossa, la Anna Maria Bottazzi, vedova di Gino Corioni, dal palco ha applaudito Pasini: “Ha fatto ciò che a mio marito non è riuscito”; ndr). Il coinvolgimento è anche grazie a tutti quelli che hanno creduto nel progetto».
Come ha preso la decisione del Tar di rinviare ad aprile la decisione sullo stadio dopo il ricorso di Massimo Cellino?
«Il rinvio credo sia una buona cosa, abbiamo un anno per poter lavorare tranquillamente. Credo che anche loro vogliano però arrivare ad una definizione prima del 9 aprile. Ma il Comune è in prima linea».
E sul tema del marchio, ci sono passi avanti?
«Ci sono due azioni legali dietro al marchio, non possiamo utilizzarlo. Abbiamo però dei contatti con la curatela e stiamo valutando, ma è chiaro che non è semplice. Anche per la V sulla maglia, che ad oggi è in mano allo società di Cellino. Stiamo cercando di chiudere il puzzle».
Torniamo al presente, il 5-0 di sabato alla Pro Vercelli è un’altra ventata di ottimismo?
«Siamo solamente all’inizio e la serie C è un campionato lunghissimo e durissimo, lo sappiamo bene. Già sabato sarà una prova difficile su un campo ostico. Non ci siamo disperati quando abbiamo perso la prima gara, ora non servono trionfalismi. Siamo cresciuti dal punto di vista della forma fisica. Ma l’affetto della piazza è forse la cosa più bella di questi due mesi di duro lavoro».
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