Calcio

Il Brescia dei «bimbi» di Galli: «Vi racconto Vido, Gori e gli altri»

Fabrizio Zanolini
Con Spagnoli, Pasini e Di Molfetta sono cinque i giocatori attuali dell’Union cresciuti nel vivaio del Milan con l’ex rondinella: «Da uno di loro mi aspettavo potesse far cadere San Siro»
Filippo Galli con la maglia del Brescia - Foto Reporter Zanardelli © www.giornaledibrescia.it
Filippo Galli con la maglia del Brescia - Foto Reporter Zanardelli © www.giornaledibrescia.it
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Cinque suoi figliocci. Cinque promesse che hanno preso poi strade diverse per ritrovarsi, tutti insieme, con la maglia dell’Union Brescia. Ma la «chioccia» non dimentica i suoi pulcini. Anzi, ne segue le gesta. E ha sempre buoni ricordi di loro.

La chioccia in questione è l’ex rondinella Filippo Galli che, dopo le tredici stagioni da protagonista in campo nel periodo d’oro del Milan, è stato direttore del settore giovanile dei rossoneri proprio in quel decennio (2008-2018) in cui sono transitati e lanciati nel calcio professionistico Stefano Gori, Nicola Pasini, Davide Di Molfetta, Luca Vido e Alberto Spagnoli. E di tutti loro ci parla volentieri, ricordando con precisione l’anno di nascita e le caratteristiche. A partire da Stefano Gori.

Porta e difesa

«Ricordo Gori come un ragazzo molto silenzioso, molto timido. Aspetti lontani dalle caratteristiche morali di un portiere perché di solito, chi ha scelto di giocare in quel ruolo, è solitamente un ragazzo esuberante. Ma è uno che si è sempre dimostrato professionale, bravo tra i pali. Ricordo la vittoria del Viareggio nel 2014 con Stefano in porta e Pippo Inzaghi in panchina».

Dall’estremo difensore al centrale Nicola Pasini, il più anziano del quintetto: «Un giocatore di carattere. Era un difensore vecchio stampo, di personalità e di grande forza fisica, un giocatore di temperamento. Il gruppo in cui giocava era tosto, con giovani importanti come Simone Verdi, per citarne uno. Fece parte di quella squadra allenata da Stroppa che, nel 2010, vinse la Coppa Italia Primavera battendo nella doppia finale il Palermo. E grazie a questo temperamento che Nicola ha potuto fare una buona carriera professionistica».

Da sinistra, in alto: Gori, Pasini, Di Molfetta, Vido e Spagnoli - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
Da sinistra, in alto: Gori, Pasini, Di Molfetta, Vido e Spagnoli - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it

Trequarti

Si sale verso l’attacco e allora ecco Davide Di Molfetta. Galli sorride: «Tutte le volte che lo sento, ed è stato anche recentemente, gli dico sempre: “Oh, io ti aspetto a giocare in serie A”. È un giocatore che aveva tutto per poter arrivare alla massima categoria; magari gli è mancata un po’ di continuità, ma le traiettorie di una carriera sono spesso imprevedibili. Il calcio è complesso e io, che tra l’altro ho anche un blog che si chiama proprio ‘La complessità del calcio’, penso che non sia così semplice definire delle regole precise sul perché un giocatore faccia un determinato percorso invece che un altro. Ma Davide è un giocatore che ha in canna dei colpi sopra la media».

Attacco

Quei colpi che Galli riconosce far parte del bagaglio di Luca Vido: «Ecco, è il classico giocatore che m’aspettavo potesse arrivare a San Siro e farlo cadere… Aveva estro, colpi, corsa, fisicità e gol nei piedi. Insomma, aveva tutto. Poi, e so che magari lui non sarà d’accordo, è stato penalizzato da un brutto infortunio alla spalla che l’ha un po’ bloccato mentalmente nel momento in cui era pronto il grande salto. Ma sono contento di quello che ha fatto, perché resta un giocatore di livello».

Si finisce con Alberto Spagnoli: «Un altro giocatore che ci colpì per le sue movenze, ci ricordava un giocatore importante del Milan dei miei anni, di cui non faccio il nome per non metterlo in difficoltà. Anche lui ha avuto traiettorie di carriera che non l’hanno gratificato come meritato. Ma spero che ora, in questo nuovo Brescia, lui come gli altri possa esprimersi al meglio e riportare la squadra almeno in B». Perché Galli, il Brescia, lo porta ancora dentro: «Sono amico di Edo Piovani, seguo la squadra. I miei sono stati tre anni intensi, sono stato anche capitano in serie A con Baggio. Ecco perché mi auguro di rivedere il club dove merita di stare”.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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