Calcio

Roberto Baggio e quel senso di liberazione dopo l'ultima partita

L’ex campione delle rondinelle nella prima puntata del docu-show di Alessandro Cattelan «Una semplice domanda»
Una semplice domanda: il talento di Baggio | Netflix Italia
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Anatre e oche, in sughero e legno. Ne ha un garage (che la moglie Andreina definisce «manicomio») pieno zeppo. Roberto Baggio costruisce oggetti di caccia, colleziona pezzi d’antiquariato (soprattutto stampi) dell’arte venatoria, di cui è appassionato. E quando parla del calcio tocca la fine, quel Milan-Brescia a San Siro, ultima partita giocata. Racconta che il primo pensiero all’uscita dal campo fu: «Finalmente...».

Il più grande calciatore della storia delle rondinelle, uno dei maggiori talenti di sempre di questo sport, che lo scorso 18 febbraio ha compiuto 55 anni, ha aperto le porte della propria casa di Altavilla Vicentina ad Alessandro Cattelan per la prima puntata di «Una semplice domanda», docu-show Netflix in sei episodi disponibile da ieri. Baggio ha provato a dare la propria risposta circa la ricerca e il senso della felicità parlando della pratica del buddhismo.

Poi, ha raccontato il modo in cui ha vissuto il pallone. «Le cose mi venivano facili, perché ho sempre giocato. Se lo fai da subito, impari i trucchi del mestiere, che poi porti con te per il resto della vita. Ti aiutano a capire prima le cose che stanno accadendo in campo». Il talento? «Stando al buddhismo, sei predisposto da una vita precedente. Quindi, prima ero stato un atleta. Magari con due ginocchia più sane...».

Poi, il racconto della fine, e quella «liberazione» dopo l’ultima partita con la maglia del Brescia, prima del viaggio in Argentina, lontano da tutto, sperando che la gente si dimenticasse di lui. «Certo, mi manca giocare - ammette Roberto -. Era la vita. Non ho rimpianti. Dopo tutti quegli infortuni, era diventato problematico anche solo allenarmi».

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