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La prima di Baggio col Brescia: un’emozione lunga 67 minuti

Tanto rimase in campo contro la Juve nella gara di Coppa Italia: l’inizio di quattro anni fantastici
Entrata in campo: il saluto del Divin Codino ai tifosi - Foto © www.giornaledibrescia.it
Entrata in campo: il saluto del Divin Codino ai tifosi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Io c’ero. Almeno ventimila persone possono alzare oggi la mano e dire «sì, il 16 settembre 2000 io c’ero». Dove? Allo stadio Rigamonti e paradossalmente solo in maniera marginale per Brescia-Juventus, andata degli ottavi di finale di Coppa Italia.

Perché esattamente 20 anni fa, Roberto Baggio fece l’esordio con la maglia del Brescia. E quello striscione, «Non ci posso credere», esposto in Curva Nord e rubato al tormentone di allora di Aldo, Giovanni e Giacomo è valido anche oggi, 16 settembre 2020, nonostante quattro stagioni in biancazzurro, altrettante salvezze, 95 presenze e 45 gol.

Quartetto d’autore: Baggio, Yllana, Conte e Del Piero nel match del 16 settembre 2000 al Rigamonti - Foto © www.giornaledibrescia.it
Quartetto d’autore: Baggio, Yllana, Conte e Del Piero nel match del 16 settembre 2000 al Rigamonti - Foto © www.giornaledibrescia.it

È un sabato strano, il 16 settembre del 2000. Fa caldo e si parla solo della partita in programma alle 18. C’è stata la corsa al biglietto in settimana mentre «Baggio gioca?» è la domanda ricorrente. Il cuore dice sì, la mente nì visto che per giorni si è allenato da solo a Caldogno e non ha il ritmo partita. Di fronte però non c’è il Tuttocuoio, col massimo rispetto, ma la Juventus. Il suo passato, quello vincente, la squadra che gli ha messo nelle mani il Pallone d’oro.

Il presidente Gino Corioni e Roberto Baggio nel giorno della presentazione a Coccaglio - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il presidente Gino Corioni e Roberto Baggio nel giorno della presentazione a Coccaglio - Foto © www.giornaledibrescia.it

«Spero di vederlo almeno mezz’ora in campo», dice Corioni, che di colpo è diventato il «presidente dell’anno» per aver trasformato in realtà una follia a cui forse credevano giusto lui e la sua famiglia. Perché è così, il tifoso del Brescia si sente come il bimbo che a Santa Lucia si alza e trova il regalo chiesto per anni. Lì, solo per lui. Baggio è stato scaricato dall’Inter e nessuno si è fatto avanti. O meglio, qualcuno sì, ma tutte destinazioni poco gradite. Vuole la serie A, convinto che nonostante i 33 anni e le operazioni al ginocchio possa dare ancora tanto. Ma vuole stare vicino a casa, alla sua famiglia. Corioni ha provato a chiamarlo quasi per scherzo. Poi la cosa si è fatta seria e allora è intervenuto direttamente Carlo Mazzone. «Roby, perché non vieni a Brescia a giocare con noi?». La risposta è «va bene» e forse neppure il tecnico di Trastevere se l’aspetta, pur sapendo che sui calciatori ha un particolare ascendente.

Siamo ai primi di settembre, dalle parole alla firma del contratto passano una decina di giorni. «Per me questa è una nuova sfida, voglio puntare al Mondiale del 2002 (quello che Trapattoni, sbagliando, gli negò, ndr)» dice Roby. E così si arriva a sabato 16, a Brescia-Juventus. Mazzone sa che la partita avrà delle insidie. Non tanto perché la Juve tenga particolarmente alla Coppa Italia, quando perché nel Brescia c’è un’anima del Perugia. Lui, Calori, Bisoli, Esposito: giusto quattro mesi prima hanno tolto ai bianconeri la gioia dello scudetto (Calori addirittura segnando il gol vittoria) sotto il diluvio del Curi (attenzione a questo particolare, perché Vico mette sempre lo zampino coi corsi e ricorsi storici) e in casa Juventus è chiara la voglia, diciamo così, di farsi giustizia. Morale? Cinque espulsioni Mazzone compreso, Bisoli finisce all’ospedale.

Sfida tra capitani: Baggio inseguito da Conte - Foto © www.giornaledibrescia.it
Sfida tra capitani: Baggio inseguito da Conte - Foto © www.giornaledibrescia.it

Ma il 16 settembre 2000 resta ugualmente la partita di Baggio. Alle 17 lo stadio è già pieno, tutti in maglia maniche corte col caldo che si fa sentire. Sarebbe tempo di campionato, ma allora come oggi la partenza è ritardata. Ci sono le Olimpiadi a Sydney, si occupano gli spazi con la Coppa. Sono passate da poco le 17.30 quando Baggio sale le scalette dello spogliatoio e al Rigamonti scatta l’ovazione. Roby, sciarpa biancazzurra al collo, arriva a centrocampo e saluta i tifosi, poi inizia il riscaldamento. Mazzone ha deciso di schierarlo dal primo minuto, insieme a Hubner e «Speedy» Gonzalez. All’entrata in campo c’è l’abbraccio con Del Piero, il giocatore a cui ha dovuto lasciare il posto in bianconero, il nuovo che avanza. Ed è in un contrasto proprio con lui dopo due minuti che Baggio tocca il suo primo pallone da giocatore del Brescia.

Nel frattempo però sempre più persone portano gli occhi al cielo, perché sul Rigamonti è calato il buio. E non solo quello. Alle 18.30 si abbatte su Mompiano un nubifragio di dimensioni bibliche, che costringe l’arbitro Braschi a fermare il gioco per un quarto d’ora. La mente torna a Perugia, a maggio, la Juve che perde partita e scudetto, la Lazio che festeggia il tricolore.

Al Curi la sosta era durata più di un’ora, al Rigamonti molto meno. Perché torna il sole e si riprende a giocare. Terreno pesante e in più in campo è corrida: Baggio evita problemi, eppure si fa vedere dalle parti di Van der Sar con un tiro che il portiere para in due tempi. Nella ripresa Mazzone gli concede qualche minuto come seconda punta quando esce Hubner, poi al 22’ lo toglie per mettere Javorcic.

E dagli spalti sono solo applausi, con l’emozione di chi dice «Baggio gioca davvero con noi». Finisce 0-0, nel dopo gara Mazzone sbrocca contro Conte, Baggio invece vuole solo ringraziare i tifosi bresciani «che sono accorsi allo stadio. Nemmeno io pensavo di stare così bene, anche se so di dover migliorare la condizione. Vi ripagherò». È stato di parola.

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