Calcio

Quelle clausole che cambiano il mondo del calcio

Il caso Inzaghi-Cellino ha riportato alla memoria alcuni momenti «storici», passando da Maran fino ad arrivare ad Agroppi
Aldo Agroppi
Aldo Agroppi
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La clausola è quella cosa scritta così in piccolo che nessuno legge in un contratto pagandone le conseguenze. Dubitiamo che tra Cellino e Inzaghi sia andata così, certo l’ormai proverbiale scappatoia che avrebbe consentito al tecnico del Brescia di conservare la panchina - dopo l’esonero - in virtù dei buoni risultati fin qui ottenuti ha illustri precedenti.

La più nota, e non solo nel calcio, è quella compromissoria che obbliga i tesserati a rivolgersi ai soli organi di giustizia sportiva per vertenze che riguardino la loro attività agonistica. Con effetti a volte paradossali: 4 anni fa, a Milano, un calciatore di Terza categoria picchiato a sangue dopo una spedizione punitiva organizzata da un avversario cui aveva causato un infortunio sul campo qualche giorno prima, fu multato di 500 euro e squalificato due mesi, non avendo chiesto l’autorizzazione alla Figc per querelare l’aggressore.

Poi abbiamo imparato a conoscere la clausola rescissoria, che la società impone a un giocatore - di solito molto bravo - se vuole andare via prima della scadenza. Cifre iperboliche, per scoraggiare gli acquirenti. Almeno in teoria: perché i 222 milioni chiesti dal Barcellona per Neymar poi il Psg li trovò. Imparata la lezione, i grossi club ora sono arrivati al miliardo tondo per Pedri, Valverde e Benzema.

La clausola anti-esonero ci mancava, in questi giorni ha intasato i motori di ricerca, rispolverando qualche precedente: nel 2012-13 Gasperini  al Palermo ne ottenne una da Zamparini  che prevedeva un indennizzo economico in caso di licenziamento. Fu mandato via lo stesso in febbraio, tornò dopo tre partite, poi a marzo la rescissione consensuale. Quella di Inzaghi, se vogliamo ha un suo perché. Se un allenatore ormai è giudicato solo dai risultati, è giusto si tenga conto di quelli. A noi è venuto in mente il povero Maran che nel marzo 2006 quella clausola nel contratto non l’aveva. Fu cacciato da Corioni mentre era quinto in classifica, dopo aver battuto il Pescara per 3-0 (!) perché il compianto Gino voleva andare in A. Allora chiamò Zeman che non centrò neppure i play off.

In questo senso, crediamo che il caso più clamoroso riguardi la Fiorentina 1992-93 che dopo 14 giornate, mentre era sesta in classifica, mandò via Radice dopo il ko con l’Atalanta. Prese Aldo Agroppi, uomo di spiccatissima ironia: nella prima partita giocata a Udine non fece neppure in tempo a sedersi in panchina che dopo 9 secondi prese gol da Branca. E se ne uscì con una battuta delle sue: «Gol troppo veloce, apparteneva ancora alla vecchia gestione». Le gag non servirono, Agroppi fu mandato via e il tandem Antognoni-Chiarugi non evitò la B. Forse alla collezione manca un’ultima clausola, quella anti-Var: se non ti dà un rigore come quello di ieri, che ci può fare un tecnico?

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