Calcio

Il Brescia si prende solo un brodino: col Cittadella pari stiracchiato

Le rondinelle sottoritmo passano con Ayé poi si fan prendere da Antonucci. Dagli spalti qualche fischio
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BRESCIA-CITTADELLA 1-1
AA

Partiamo dalle cose molto belle: il meraviglioso gol di Florian Ayé. Per arrivare però subito alle cose molto brutte: la partita. Per un risultato che porta un punto da accettare soltanto se si tiene ben presente quello che è l’obiettivo finale, vale a dire la salvezza.

La classifica di vertice - che poi tra l’altro da ieri non è più di testa - lo ripetiamo una volta di più, è soltanto un bel giochino che fa piacere (anche perché 16 punti in 8 giornate sono pur sempre 16 punti e sono tanta roba), ma che non fa apparire la reale dimensione di una squadra - questo è il fulcro - che ha perso per strada la sua identità e la sua idea di gioco all’assalto e che, prima di ogni cosa, si prende pause sul fronte del furore.

Mancato ieri anche con il Cittadella dopo che già era stata grave assente contro il Bari. E poi: vero che appunto la dimensione di base del Brescia è quella di chi può disputare una stagione prima di tutto tranquilla, ma la gara di ieri contro l’attuale Cittadella che confermiamo essere il parente pallidissimo del «Citta» tradizionale bestia nera delle rondinelle, era di quelle che si sarebbero dovute condurre in porto con una vittoria davanti al proprio pubblico, che era pronto ad applaudire una ripartenza convinta e che invece si è ritrovato a sbadigliare e, qua e là, anche a fischiare.

La squadra di Clotet - sotto anche nel possesso palla (49% contro 51%) contro una squadra quart’ultima in questa statistica - non è stata né carne né pesce: non è stata in condizione di costruire, non è stata in condizione di ripartire.

Sempre in un limbo

Il concetto è che è mancato ancora tanto, forse troppo, per dichiarare che è tutto a posto dopo la débacle di Bari. Comunque: sarebbe potuta finire 0-0, invece è finita 1-1 con Bisoli e compagni riacciuffati dopo un vantaggio tanto bello quanto casuale e dentro una partita che a ogni modo, pur nella generale pochezza e senza traccia di emozioni, pareva poter essere fatta propria. Ma appunto: è mancato tanto, troppo. A partire dal proverbiale coraggio che dovrebbe accompagnare i «V» boys. A momenti, ci è parso invece di rivedere il peggior Brescia inzaghiano, quello che finiva per diventare preda della paura di osare e che così finiva per soccombere.

E ieri, abbiamo percepito anche paura insieme a un eccessivo nervosismo sul campo di Clotet (pure ammonito, anche se nella circostanza le sue proteste per una palla non restituita avevano ragion d’essere): un nervosismo, che - ribadiamo - non può che nascere dall’interno e dalle solite pressioni celliniane sfociate nelle dichiarazioni dell’inizio di settimana scorsa - da «asciugare» velocemente.

Trama

I poco più di 5.000 presenti a Mompiano sono rimasti perplessi già al momento della scoperta di un Brescia ri-tarato con una punta soltanto, Ayé, e con un sacrificato di lusso come Moreo (per noi l’imprescindibile) dentro un 4-3-2-1 o 4-3-3 - come preferisce Clotet - con Galazzi e un Benali pesce fuor d’acqua: ne è uscito un «accrocchio» piuttosto incomprensibile che ha finito per far apparire snaturata la squadra rimasta intrappolata nel limbo di cui sopra. La pensata partorita per dare equilibio non è poi peraltro stata adeguatamente sostenuta da un centrocampo in ombra totale e nemmeno dalla spinta degli esterni.

Produzione minima: due miseri tiri in porta. Uno dei quali al 28’ si è trasformato nella splendida «sopraelevata» aerea di Ayé che dopo una gran girata ha messo palla all’incrocio su punizione di Galazzi. Tutto bello, ma, come detto, casuale perché dal vantaggio il Brescia non riesce comunque a ricavare quell’energia e quell’entusiasmo che servirebbero per mettere definitivamente nel sacco un mediocre Cittadella, le cui tracce di storico Dna sono ravvisabili solo nella capacità di rompere il gioco e di andare sui nervi altrui. Una tattica riuscita anche grazie all’ennesimo arbitraggio - stavolta di Miele - non all’altezza. Al pari del Var che nel recupero si è superato inventandosi di richiamare l’arbitro che aveva concesso una punizione al Brescia ammonendo Visentin non tanto, come tutti avevamo pensato, per trasformare in sacrosanto rosso quel giallo, ma per ravvisare un fuorigioco (?) di Moreo.

Ma al di là di questo, un Brescia apparso soprattutto nella ripresa stanco nel pensiero, nel palleggio e nelle gambe (e che così ha finito per incoraggiare gli ospiti), aveva rischiato di farsi rimontare già in chiusura di primo tempo: provvidenziale Lezzerini.

Una rimonta subita poi, dopo che Visentin si era divorato un gol, per mano di un Antonucci non «contestato» al tiro da un molle Ndoj entrato male al pari degli altri subentrati. In tutto, 5: vale a dire che Clotet pur in maniera non ordinata e lineare, anche un po’ tardiva, ha provato a dar fondo alle risorse della solita panchina risicata. Reazione dopo l’1-1? Un’altra giocata in combinata Galazzi-Ayé: bravo Kastrati. Morale: a Cagliari servirà altro.

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