Calcio

Il Brescia in analisi cerca le ragioni di un flop umiliante

Si apre una settimana emotivamente delicata dopo la sconfitta con il Bari. La linea è «chiedere scusa ai tifosi attraverso il campo»
Massimiliano Mangraviti e Pep Clotet si abbracciano alla fine della partita con il Bari - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
Massimiliano Mangraviti e Pep Clotet si abbracciano alla fine della partita con il Bari - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
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Tanti perché, nessun perché. Troppo di tutto, altrettanto di niente. E adesso, da che parte si ricomincia? Non è la botta, ma il livido: la figuraccia è stata scioccante pertanto è stata inattesa e violenta, però indietro non si può tornare. E allora a contare sarà la capacità di riassorbimento. Quanto vale davvero il Brescia?

È una domanda alla quale non è ancora possibile rispondere, ma è esattamente da adesso che inizieremo a raccogliere degli elementi davvero attendibili per arrivare a sciogliere i dubbi. Perché è così: le squadre, i gruppi e gli allenatori si pesano davvero nei momenti di difficoltà. Quelli nei quali escono quei valori e quei limiti che spesso nemmeno una classifica riesce a esplicitare. Perché ad esempio, dopo 7 giornate, la classifica di serie B è quanto di più (potenzialmente) fuorviante possa esistere. Si può sul serio credere che quella del primato sia l’effettiva dimensione del Brescia? È un bel giochino, ma appunto è un giochino: corre l’obbligo, dal giorno uno e non solo dopo aver subìto una sconfitta umiliante, di mantenersi razionali.

Tanto puntualizzato, si torna daccapo: da dove si ricomincia? Mettendosi in analisi. Una partita come quella di Bari, una débacle di dimensioni da calcio-tennis, non è possibile mandarla in archivio nella categoria incidenti di percorso. Ciò che non ha funzionato - e non ha funzionato nulla (sarebbe troppo superficiale a esempio cavarsela con un «colpa della difesa») - va riconosciuto e affrontato.

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Il diario degli errori è ricco di pagine e di firmatari: nessuno resta fuori dal focus. Pep Clotet, a caldo, ha professato fiducia nelle capacità di reazione dei suoi ragazzi. E siccome 5 vittorie, di cui 4 di fila, in 6 partite comunque qualcosa hanno significato, non esiste motivo di non concederla. Inoltre, anche il primo stop di questa stagione fu a suo modo una batosta: di quel 3-0 piuttosto cocente, tutti seppero far tesoro. La società corse ai ripari sul mercato, l’allenatore fu capace di rivedere le idee tattiche, la squadra dimostrò nerbo. Se però nella lezione subita dal Frosinone erano state ravvisabili delle attenuanti (era solo la seconda giornata, la squadra era incompleta, c’erano distrazioni di mercato...) questa volta di attenuanti non ce ne sono.

Da ricercare appunto sono gli errori. Andrà rivista anche quella che è stata la gestione della sosta: dal punto di vista del lavoro svolto (la squadra al San Nicola è fisicamente parsa in difficoltà) e della gestione dell’aspetto emotivo. Perché Bisoli (tra i più in difficoltà) e compagni sono parsi anche privi di un adeguato spirito. Lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo: se anche il primo tempo è stato censurabile, ma un divario di tre gol era parso eccessivo, la ripresa è stata da squadra che ha ceduto le armi quasi per manifesta inferiorità. E questo non è accettabile a prescindere dall’obiettivo finale e a maggior ragione se si lotta per la salvezza.

Il Bari ha girato come una macchina perfetta: ma l’atteggiamento del Brescia ha contribuito a oliarne gli ingranaggi. Rivedibilissima anche la gestione della partita da parte di Pep Clotet, come a Frosinone poco reattivo per cercare di cambiare una rotta però forse sbagliata fin dall’impostazione e della preparazione. L’allenatore, che non può non essere il primo responsabile per come la squadra si è presentata, ha già dimostrato di essere incline all’autocritica che non potrà mancare nemmeno in questa circostanza.

Ci sono poi riflessioni da fare sulla struttura della squadra in rapporto alle idee del tecnico? Perché in comune il ko di Frosinone e la mega scoppola di Bari hanno la troppa facilità con cui due squadre che amano giocarsela hanno messo nel sacco un Brescia incapace di reinventarsi in corsa. C’è da fare i conti quindi con certe lacune che derivano pure dalla giovane età. Impossibile far finta di nulla e chiudere gli occhi. Occhi che, nella notte tra sabato e domenica, non hanno chiuso Clotet e Perinetti che hanno fatto le ore piccole al telefono con Cellino.

Il Brescia, s’è così subito messo «in analisi» rivisitando i tanti punti in questione. Stati d’animo, per tutti, tra la rabbia, l’imbarazzo, il frastornamento. Il messaggio che filtra è lo stesso già fatto passare dall’allenatore. Ovvero: «Le parole non servono, va chiesto scusa sul campo». Serve andare oltre, ma senza farsi sconti. Senza però nemmeno fare drammi perché c’è un morale da ricostruire in una settimana delicata da gestire nell’aspetto psicologico. Non servono punizioni e frustate, non serve alimentare tensioni: serve finezza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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