Hagi, il fuoriclasse che illuminò il Rigamonti prima di Baggio

Se il soprannome che ti viene dato è «Maradona dei Carpazi» dopo un gol alla Dinamo Kiev un po’ di pressione la devi avere addosso, ma significa anche che le qualità non sono comuni a quelle di tutti gli altri. E in effetti quelle di Gheorghe Hagi non lo erano affatto, ma il confronto tra lui e Dieguito va ben oltre quel nomignolo. Centosessantacinque centimetri il fenomeno argentino, centosettantaquattro quello romeno, entrambi con un sinistro da far lacrimare di gioia. E sulla carta, solo sulla carta, col secondo erede del primo a Napoli. Ma ci arriveremo…
Sta di fatto che oggi «Regele», il re come lo chiamano ancora in Romania, compie 60 anni. E in due di questi, dal 1992 al 1994, ha illuminato (a intermittenza, ma ha illuminato eccome) le giornate dei tifosi del Brescia. Perché ok Roberto Baggio, e ci mancherebbe, ma in principio in biancazzurro fu Gica. Il più forte giocatore della Romania e non solo, un campione assoluto. Di quelli, appunto, per cui Gino Corioni perdeva la testa. E così fu per quel numero 10 nato a Costanza il 5 febbraio 1965, fenomeno in patria e da due stagioni al Real Madrid, che non è ancora quello dei Galacticos ma nemmeno dei bidoni. Vince poco è vero, ma è sempre il Real.
Corioni conferma Lucescu per la stagione di serie A ’92-’93, e arriva la colonia romena formata da Sabau e Raducioiu, ma il pres vuole lui, il genio e la sregolatezza, quel campione che con gli allenatori va anche a muso duro. In panchina però c’è un romeno e nemmeno uno qualunque: è il grimaldello che Corioni usa per arrivare ad Hagi. Il 3 luglio del ’92 il suo procuratore Becali dice: «C’è lo 0,01% che Hagi possa vestire la maglia biancazzurra». Il giorno dopo Corioni e Lucescu partono per Bucarest e su quel blitz fioccano aneddoti e favole, come quella di far credere al campione che sì, tutto sommato Brescia è vicinissima al mare, come la «sua» Costanza affacciata sulle sponde del Mar Nero. Mercoledì 8 luglio la coppia Corioni-Lucescu torna con un triennale firmato, che serve tra l’altro per far digerire alla piazza l’addio di Ganz. Ma è chiaro come a Brescia sia arrivato un fenomeno del calcio mondiale.
Eppure fatica Hagi ad ambientarsi, il Castello non è il Palazzo Reale, qui di bianco c’è solo la «v» rispetto alla «camiseta blanca». La prima rete arriva il 4 ottobre nel 4-1 al Foggia di Zeman, ma l’aria è quella del campione triste. I cui colpi si vedono una volta sì e tre no. Il Brescia arranca in classifica, si prende con le unghie e con i denti lo spareggio per restare in A, ma a Bologna vince l’Udinese e i tifosi imputano ad Hagi di aver pascolato per tutta la gara sotto la tribuna, dove la copertura dello stadio regala l’ombra. Chiude con 32 presenze e cinque gol, ci si aspettava di più.
E ora che succede? Succede che Hagi, convinto da Lucescu, rimane a Brescia. C’è la stagione che porta al Mondiale Usa, tanto vale prepararlo qui. In più qualche esperienza all’estero la si può fare col torneo Anglo-Italiano. E sia chiaro, Hagi in serie B non è un lusso, è un giocatore totalmente fuori contesto. Uno Juniores schierato con gli Esordienti. Eppure il girone di andata è ancora così così, la finestra di mercato (a novembre) lo affianca a diverse squadre, ma Corioni è categorico: resta qui. E per fortuna. Perché quando inizia il girone di ritorno, parte anche il countdown per il Mondiale. E Gica decide che è arrivato il momento di prepararsi a Usa ’94.
Morale? Prende letteralmente per mano il Brescia e lo porta in serie A e alla conquista dell’Anglo-Italiano. I gettoni sono 30, le reti 9, le giocate infinite. Quelle che mostra anche negli Sates tanto da essere uno dei protagonisti assoluti del Mondiale.
Ha ancora un anno di contratto, ma Corioni sa di non poterlo trattenere. Il «Maradona dei Carpazi» trova un accordo col Napoli, con quel soprannome solo lì può approdare. Ma il presidente non ne vuole sapere, lui l’accordo invece ce l’ha col Barcellona, che tra l’altro invita il Brescia al Trofeo Gamper, una vetrina mondiale. Hagi è arrabbiato, ci resta male, ma si consola perché in panchina trova il suo idolo Johan Cruijff. La storia col Brescia si chiude così, quella di oggi lo vede proprietario del Farul Costanza, che ha guidato anche allo scudetto. Perché i fenomeni lo sono sempre, in campo e fuori. Auguri Gica.
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