Da «Gica» a Ianis: 30 anni dopo la Romania esulta grazie ad Hagi

Una staffetta lunga… 30 anni. Perché il passaggio di testimone tra Hagi padre e figlio è ufficialmente avvenuto 3 decenni dopo.
Il padre, Gheorghe (ma per tutti, specialmente per i bresciani che l’hanno visto indossare la maglia delle rondinelle nel biennio 1992-94, «Gica»), è considerato il più grande giocatore romeno di sempre; il figlio Ianis, dopo due subentri, contro la Slovacchia è partito titolare nell’ultima giornata del gruppo E dell’Europeo, provocando tra l’altro il rigore dell’1-1 che ha dato alla Romania la storica qualificazione agli ottavi. E sono state emozioni per entrambi. Rinfrescando i ricordi.

Quelli che portano, appunto, a 30 anni esatti fa quando, nel mondiale americano, Hagi trascinò letteralmente la sua nazionale ai quarti di finale (persi poi sfortunatamente ai rigori con la Svezia) della maggior competizione del calcio, diventando di fatto un eroe in patria. Chi, tra gli appassionati del pallone più maturi, non ricorda l’eccezionale sinistro all’incrocio contro la Colombia? You tube lo può fare vedere anche ai più giovani che del «Maradona dei Carpazi» hanno solo sentito parlare.
Carezze
Hagi che ora si coccola la carriera del figlio (nell’ultima stagione all’Alavés, in Spagna) passata, quando era soltanto diciottenne, anche dall’Italia con la viola della Fiorentina; e che ora, a 25 anni («Alla sua età non ero così bravo, diventerà più forte di me», ha sentenziato Gica) comincia a prendere consistenza, seppur il giovane centrocampista/attaccante non abbia ancora le qualità balistiche del padre, a volte pigro ma geniale e letale con quel sinistro fantastico.
«Un onore seguire le orme di mio padre - ha dichiarato Ianis dopo il match con la Slovacchia - soprattutto dopo un anno difficile per me per via di un grave infortunio. Essere titolare (nel finale gli è subentrato il «parmense» Man, ndr) è stata una grande responsabilità, ma ho fatto vedere quello che posso fare». «Non so dove possa arrivare la Romania - gli ha fatto eco il padre - ma di certo, con questo passaggio del turno, nulla è precluso». Di padre in figlio. Trent’anni dopo. E con quel nome che, nel giallo/rosso/blu romeno, lascia spazio anche ad un po’ di biancazzurro.
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