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Hagi: «Io, il Maradona dei Carpazi onorato di questo paragone»

L’ex rondinella Hagi: «La prima volta che giocai contro Diego avevo 18 anni e rimasi a bocca aperta»
Uno di fronte all’altro: nel Mondiale del 1990 Maradona e Hagi si affrontarono a colpi da spettacolo - © www.giornaledibrescia.it
Uno di fronte all’altro: nel Mondiale del 1990 Maradona e Hagi si affrontarono a colpi da spettacolo - © www.giornaledibrescia.it
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Maradona non c’è più, anche se vivrà per sempre nei sogni degli amanti del calcio. Sulla terra rimane il «Maradona dei Carpazi», l’uomo che ha cercato di essere il suo dignitoso alter ego. «Ma Maradona era, è e sempre sarà Maradona ovvero il Dio del calcio, noi eravamo comuni mortali» dice Gheorghe Hagi nel momento in cui decide di salutare tramite il nostro giornale il grande campione che nei giorni scorsi aveva omaggiato con un breve pensiero social. Gica non ricorda bene chi fu a dargli il soprannome di «Maradona dei Carpazi», probabilmente un giornalista romeno, ma di certo quell’etichetta non gli è mai pasata e tantomeno l’ha vissuta come una diminutio. «Per me essere paragonato a lui è sempre stato solo un grande onore».

La prima cosa bella. Hagi, cinque anni in meno di Maradona, ricorda quando lo vide da vicino la prima volta. «Era il 1983, avevo 18 anni, ero già nel giro della Nazionale con la quale affrontammo in amichevole a Vigo una selezione di stelle del campionato spagnolo. Finì 1-1, Maradona segnò su calcio di rigore. All’epoca militava nel Barcellona, club dove approdai dopo l’esperienza al Brescia e dove quando arrivai trovai sui muri all’interno dello stadio ancora tante foto sue. In quella partita a Vigo rimasi come imbambolato dopo avergli visto toccare i primi palloni. Ero sicuramente emozionato per essere ad una delle mie prime partite con la Romania, ma vi assicuro che il blocco emotivo fu dettato più che altro dalle sue giocate. Stoppava, controllava e calciava in modo sublime. Mi chiesi se sarei mai riuscito a fare le cose che faceva lui. Giocate fuori dal comune. Già era un mio idolo, dopo averlo visto da vicino lo divenne ancora di più».

Italia ’90. Qualche anno dopo, Maradona-Hagi fu una sfida diretta ai Mondiali del ’90 in Italia. La foto che pubblichiamo in questa pagina, quel 18 giugno 1990 fu la più pubblicata. Si giocò al San Paolo, tutto il tifo era per Diego e l’Argentina campione del Mondo in carica, ma la Romania rivelazione del torneo riuscì a fermare i giganti sull’ 1-1: Monzon portò in vantaggio i sudamericani al 62’, Balint pareggiò sei minuti più tardi. Maradona ed Hagi (che fu anche ammonito) diedero spettacolo. «Fu una gran bella partita, un piacere affrontare Diego che fu molto gentile e rispettoso nei miei confronti» ricorda oggi Gica. In quella Romania quel giorno giocarono anche Sabau, Lupu e Mateut che da lì a poco avrebbero indossato la maglia del Brescia. «Lucescu - sorride Hagi - aveva formato una bella colonia. Ricordo sempre con affetto gli anni in biancoazzurro». La sfida mancata nel ’94.

Ad Hagi sarebbe piaciuto molto riaffrontare Maradona anche ai Mondiali del ’94, quelli in cui la Romania fece un exploit storico con al centro dell’attacco un’altra ex rondinella, Florin Raducioiu (4 gol nella kermesse), che ci ha aiutati ad avere un contatto con Hagi che come ben sa chi lo conosce non rilascia volentieri delle dichiarazioni per via di un carattere diventato sempre più introverso con il passare degli anni. Gica nel ricordare Maradona arriva addirittura a dire: «Il 25 novembre 2020 rimarrà nella storia come il giorno nel quale è morto il calcio». Hagi ripensando al Mondiale del ’94 negli Stati Uniti argomenta: «Affrontammo l’Argentina agli ottavi di finale e vincemmo ai rigori, ma Diego purtroppo era già fuori per motivi che ben sappiamo (positività all’antidoping, ndr)». Dopo quel campionato del Mondo il fantasista romeno aveva ricevuto un’offerta dal Napoli: «Dovevo essere io l’erede di Diego - disse Hagi qualche anno fa - avevo riportato il Brescia in serie A come promesso a Corioni, ma disse di no perché aveva ormai deciso di cedermi al Barcellona. Certo c’era Cruiff in panchina, un altro mio idolo, ma mi arrabbiai con i dirigenti del Brescia».

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