Rabbia e preghiera, cercando investitori: i giorni bui di Cellino

Di giorni bui in sette anni e mezzo se ne sono contati tanti. Ma questi sono i più bui. È oggettivamente andata anche peggio di così, in termini assoluti, ma la particolarità del contesto, la congiuntura totalmente negativa con il completo disallineamento società-ambiente-squadra, fa sì che ormai qualunque fatto abbia ricadute pesanti e si sovradimensioni rispetto all’effettiva valenza. Perché la situazione è scappata di mano e il «sistema Cellino» imbarca acqua da tutte le parti. Non si capisce come le tante falle che si sono aperte possano essere chiuse. Risposta: non si può. Così come non è più pensabile procedere in questa maniera. E il primo a saperlo è lo stesso imprenditore-proprietario del club che ha ben compreso di non avere più margini.
Il calcio in generale
Anche perché a errori gestionali madornali nel corso degli anni si sono aggiunte le difficoltà del «sistema calcio» in generale, a tutti i livelli. La serie A nel 2023-2024 ha perso 350 milioni ed ha debiti complessivi per quasi 5 miliardi di euro. Guardando ai piani bassi invece, in C il Taranto va verso l’esclusione dal campionato e stanno affondando anche Lucchese, Turris e Messina. In mezzo una B che ha fatto segnare mancati introiti per circa 5 milioni a club. Un’inezia forse per chi può spendere tanto (e sono proprio le tre che comandano, più il Palermo), un colpo mortale per tutte le altre, tra queste il Brescia.
Finanze
E, come detto, tra errori propri e circostanza, Cellino è stato costretto ad ammainare anche la sua ultima vera bandiera: quella dell’autofinanziamento del club. Per la prima volta in tutta la sua storia da proprietario del club ha iniziato a dover intaccare il patrimonio personale per onorare gli impegni di questa stagione e altrettanto dovrà fare per pianificare la prossima. Il tutto mentre il settore giovanile, risorse, continua a languire. È, insomma, un andare avanti alla giornata, che «uccide» tutto e tutti. Siamo arrivati al più classico dei momenti di svolta. Il pallino è ovviamente nelle mani di un Massimo Cellino sempre più solo e sotto tiro, sotto pressione.

Condizioni e interlocuzioni
Anche il corpo, come si dice, parla: e le inquadrature del patròn – consumato dalla tensione e intento a pregare – allo stadio sabato hanno suscitato un certo effetto. Ma che di certo, pur ripetendo di continuo che non ne può più di questa realtà, non intende cedere il club né sotto la spinta di queste pressioni e neanche al primo che passa: le condizioni le fa lui. Al di là dei messicani che, con sponde locali, hanno fatto nuovamente capolino due anni dopo, ma non è chiaro in quali termini, il proprietario del club che aveva dato mandato anche a uno studio americano di sondare il terreno per eventuali investitori, risulta da più parti impegnato in una serie di interlocuzioni (ma è chiaro che anche il mantenimento della categoria ha un peso) da far maturare.
La più seria era stata quella col fondo americano rappresentato da Doni che però all’improvviso, dopo molti mesi di trattativa portata avanti attraverso un importante studio romano, si è dileguato apparentemente senza ragioni. E sarebbe stato anche con la prospettiva di arrivare alla cessione che Cellino avrebbe perfezionato l’acquisto dell’immobile di Corso Martiri della Libertà. Nel frattempo, con la decisione-consapevolezza di aver fatto il proprio tempo, il presidente del Brescia è furioso con Luigi Micheli anche per il suo operato pre addio.
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