Brescia alta tensione: Cellino e Maran separati in casa

Che pasticcio, che imbarazzo. Nel caos e senza una direzione. E se invece questa direzione non c’è, non si vede. Mentre all’orizzonte si staglia il nuvolone dello scontro diretto con il Cittadella. La testa dovrebbe già essere alle 17.15 di giovedì al «Tombolato» e invece è ferma a...due annate fa: impantanata nel terrore e prigioniera di tante, troppe domande. Tra queste, quella «del giorno» che inevitabilmente è: chi guiderà la squadra in quella che tecnicamente non è l’ultima spiaggia, ma che se andrà di nuovo male lo diventerà? Nel classico silenzio del club, si va per tentativi, ricostruzioni e indizi: dovrebbe esserci Rolando Maran. Sì, ma nel caso in quali condizioni? In che situazione? Il tema è semplice: Maran non gode più della fiducia di Massimo Cellino. E non da sabato, ovvero da quando il presidente ha lasciato lo stadio dopo il primo tempo col Pisa, ma dal momento del primo esonero, a inizio dicembre scorso.
La richiamata di fine gennaio, nonostante smentite e tentativi di coprire la verità con una foglia di fico, è da sempre stata una: per sostituire Pierpaolo Bisoli, che non era entrato in sintonia col diesse Castagnini il cui voto di sfiducia per il padre del capitano era stato decisivo, non c’era altra alternativa a quella del «ripristino» del tecnico trentino. Perché Cellino non aveva intenzione di scrivere un altro nome sui cedolini degli stipendi.
E la situazione si ripete ora: soldi per un terzo allenatore Cellino non vuole spenderne e una seconda chiamata di «Bisolone» non è mai stata all’ordine del giorno. Un terzo nome, sarebbe potuto spuntare (ma tra l’altro, chi?) solo a un patto: che Maran rassegnasse le proprie dimissioni e lasciasse sul tavolo il contratto (da circa 300.000 euro) per la prossima stagione. Un fanta pensiero, ardito anche solo ipotizzare una risposta diversa dal «no». Che infatti Maran ha puntualmente opposto.
Niente pranzo a Torbole

Certo è che il presidente è molto più che furibondo e della sua ira ieri ne hanno fatto le spese anche i giocatori: dopo il ritrovo a Torbole per un allenamento di scarico, niente pranzo al ristorante del centro sportivo. Che peraltro più che come un dispettuccio potrebbe essere persino stato un sollievo: tante volte quando gli umori sono neri, starsene per i fatti propri è meglio. Tornando alla questione panchina, il punto è quello del muro contro muro che conduce a una situazione che da quella dei buoni rapporti - solo di facciata - si è trasformata in quella dei separati in casa che non possono più nascondere la mancanza di sintonia.
Ma è normale inseguire la sopravvivenza puntando su un allenatore nel quale non si crede - con questa mancanza di fiducia che di certo ha contribuito a fare di Maran l’ennesimo allenatore precipitato in un buco nero anche di solitudine - solo perché non si ha la forza di tentare il tutto per tutto lasciando in qualche modo la «responsabilità» del quadro di stallo al tecnico? Ovviamente no.
E come possono percepire i giocatori un Maran così fiaccato di suo e ormai accerchiato da fuori? I risultati sono (anche) quelli della prestazione - una specie di specchio riflesso - contro il Pisa. Non scegliere di dare una svolta anche si pensa che imprimerla sarebbe opportuno, è comunque una scelta: ed è della società che in questa stagione ha già gravemente sbagliato due volte tempi e modi di gestione della questione panchina con l’«affaire Bisoli» che ha segnato fortemente i già delicati equilibri di uno spogliatoio che poi con Maran aveva provato a ritrovarsi durante la sosta. Come il blitz alla Spezia aveva testimoniato.
Pensandoci, gli errori gestionali circa la panchina sono stati molto di più perché più volte Maran, dal ritorno, è stato in bilico, ma poi è stato puntualmente tenuto per «ripicca» , ma ogni volta, così facendo, indebolendolo. Nel quadro, va considerato che Cellino da settimane va minacciando urbi et orbi, soprattutto nelle stanze della «Brescia che conta», di consegnare voler le chiavi alla sindaca al termine della stagione. Che tipo di messaggio passa così? Mentre sullo sfondo la trattativa col fondo americano risulta dormiente - causa risultati e scogli economici -, ma - assicurano i bene informati - non tramontata.
Qualche elemento in più di certezza da questo punto di vista darebbe una mano a credere in quella che a questo punto e in questo clima diverrebbe un’impresa sportiva vera. Quindi, riassumendo? La palla, come detto, dovrebbe restare a Maran. Ma di certo una scossa occorre darla. Che ormai sia difficile capire le scelte e le letture dell’allenatore, che la sia piatta nell’animo, è acclarato. Ma torniamo all’imbarazzo della riga due: quello che deriva dall’inquinamento del quale sistematicamente restano vittime tecnici e giocatori. A questo punto, tutto passa dall’orgoglio: va bene quello di chiunque, purché ci sia.
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