Poeta: «Brescia nel cuore, la stagione migliore della mia vita cestistica»

Un anno fa, al PalaLeonessa, Peppe Poeta guidava la Germani in una delle proprie prime partite non ufficiali da capo allenatore, e vinceva il Trofeo Ferrari contro la Virtus Bologna, squadra contro la quale - il giugno successivo - avrebbe perso... la finale scudetto. Cosa impensabile (giocare la finale, s’intende), all’epoca.
Oggi torna in un palazzetto che può serenamente definire casa. È assistente di Messina, ma nel suo futuro c’è la panchina dell’Olimpia Milano, e il suo nome gira pure per il post-Pozzecco in Nazionale (tema che il neo-quarantenne preferisce non toccare). Il golden boy risponde al telefono dopo un maxi pranzo con la famiglia. «Il quarantesimo compleanno è l’ultimo che festeggio», ridacchia.
C’è il rischio che entri al PalaLeonessa e sbagli spogliatoio o panchina?
«Può darsi che accada...».
Scherzi a parte, come va a Milano?
«Sono fisso qui dal 20 agosto. Conosco la società, ha forse l’organizzazione migliore di tutta Europa. La squadra è molto forte. Ha esperienza, è profonda e ha bisogno di tempo per trovare la giusta chimica. Ma ha le carte in regola per disputare una buona Eurolega e tornare a vincere il campionato italiano».
Tra un anno questa squadra dovrebbe allenarla da head-coach, giusto?
«Questo è il progetto e ringrazio la proprietà ed Ettore Messina per la fiducia. Oggi, però, sono concentrato sul presente. Voglio aiutare il coach al massimo delle mie possibilità e crescere ancora a livello personale».
Intanto adesso è tempo di tornare in quel posto in cui ha gettato le basi per questa svolta in carriera...
«Mi emozionerò, perché a Brescia ho vissuto la stagione sportiva più bella della mia vita cestistica. Abbiamo scritto una pagina di storia e l’abbiamo fatto divertendoci. Insieme. La squadra, la città, i tifosi, la stampa. Il legame, adesso, è indissolubile. La prima persona che desidero ringraziare è Mauro Ferrari. Ma sono legato anche a tutti i ragazzi che ho allenato. Anzi, sono loro grato per essersi lasciati allenare da me, che ero all’esordio. Non era scontato. Di loro mi resterà sempre il senso di rifiuto verso la sconfitta, che è una cosa diversa dalla voglia di vincere».
Si aspettava che Ndour e Burnell restassero?
«Sì, con Ferrari e Marco De Benedetto stavamo costruendo già da tempo la rosa per la stagione successiva. Eravamo molto avanti. È ancora la mia squadra, quella che avevo fortemente voluto nell’estate del 2024, quella per la quale sono stato accontentato in tutto. Ha margine di crescita, e l’arrivo di Massinburg, un giocatore sul quale stavamo ragionando da tempo, porta freschezza. Ogni cosa, però, adesso è nelle mani di Matteo Cotelli, che è molto preparato ed empatico, e che svolgerà un ottimo lavoro. Burnell e Ndour? Non solo loro, ma tutta la rosa meriterebbe il massimo palcoscenico possibile. Ovviamente mi auguro per Brescia che tutti si possano fermare in biancoblù a lungo».
La ragione dice che una stagione come quella passata non sia ripetibile...
«Un’altra ottima annata, però, non mi meraviglierebbe. Poi è chiaro, i risultati dipendono da tanti fattori. Ho osservato l’amichevole con il Rytas Vilnius e ho ritrovato una Germani rodata, che si conosce a memoria».
Come è tornare in una big come l’Olimpia Milano?
«Ci sono altre ambizioni e responsabilità. Ma sono convinto che servirà anche la giusta leggerezza. Oggi è necessario togliere pressione ai giocatori che, tra social e agenti, ne subiscono parecchia. Una delle chiavi è riscoprire l’aspetto ludico di questo lavoro».
Milano è l’unica squadra che, l’anno scorso, non è riuscito a battere...
«Vero, ma disputammo tre ottime partite, tutte tirate».
È consapevole del fatto che molti sperano che quello dello scorso giugno sia stato solo un arrivederci?
«Mai dire mai. Ho vissuto Brescia a 360 gradi. Ho avuto il piacere di frequentare la città, le persone. Non ho mai pranzato o cenato a casa. Ho stretto amicizie anche al di fuori della pallacanestro. Il mio legame con Brescia, già ora, e indissolubile, quindi perché no?».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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