Basket

Talenti elevati al quadrato: Germani, ora ti guarda tutta l’Italia

Poeta è il fattore determinante dentro un collettivo in cui ciascun elemento sembra trarre forza dai suoi compagni
Chris Dowe e Maurice Ndour combattono a rimbalzo - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
Chris Dowe e Maurice Ndour combattono a rimbalzo - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
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Questa squadra ha mandato Trapani al bar. E manda tutti noi a scuola, a imparare nuovi aggettivi che siano adatti a descriverla. E adesso la Germani ha gli occhi dell’Italia della palla a spicchi addosso. Ne parlano tutti: media, tifosi da tutta Italia, pagine social specializzate. Piovono complimenti. D’altra parte la Pallacanestro Brescia ha compiuto il gesto più «rivoluzionario» che si potesse immaginare. E, irrompendo nella finale scudetto che da quattro stagioni (più una di stop per Covid) era questione tra Olimpia Milano e Virtus Bologna, ha compiuto un gesto simbolico a favore di tutto il movimento. Senza nulla togliere alle superpotenze di Eurolega e al valore aggiunto che danno al massimo campionato italiano, il fatto che qualcun altro – una provinciale – possa combattere fino all’ultimo per il tricolore deve poter dare speranza. Deve poter accendere la competizione. Deve poter creare emulazione. Per il bene dello spettacolo – che va oltre Milano e Bologna – e si accende quando esiste una pluralità di protagonisti.

L’addio di Petrucelli

La Germani che l’altra sera, vincendo 92-86 su Trapani, ha conquistato la prima finale scudetto della propria storia, si è tolta anche la soddisfazione di eliminare in tre gare il club che, la scorsa estate, aveva fatto irruzione nella scena con un progetto extralarge. Per comprendere la differenza tra il club siciliano e la Pallacanestro Brescia è sempre molto utile ricordare che la scorsa estate il primo ha bussato alla porta di uno dei pezzi più pregiati del secondo. Ha messo sul tavolo tantissimi soldi, e lo ha convinto. La scorsa estate John Petrucelli ha salutato i colori biancoblù (qui in città era anche un beniamino dei tifosi) per vestire il granata. L’italoamericano, nella serie di semifinale, è rimasto a bocca asciutta.

La miglior stagione

Peppe Poeta, grande artefice della cavalcata della Germani - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
Peppe Poeta, grande artefice della cavalcata della Germani - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it

Come è possibile che una squadra sulla carta «impoverita» rispetto alle sue precedenti incarnazioni abbia dato vita a quella che di sicuro, già oggi, è la miglior stagione di pallacanestro a Brescia? È uno di quei casi in cui il risultato vale di più della somma delle parti. Abbiamo imparato a memoria la filastrocca: Germani squadra corta, Germani squadra anziana, Germani dipendente dall’assenza d’infortuni. Tutto vero. Accanto a ciò, però, c’è qualcosa di ancora più grande. Cosa succede se ottimi giocatori diventano eccezionali se giocano l’uno accanto all’altro? Cosa accade se l’allenatore – un gigantesco Peppe Poeta, al primo anno da head coach – è in grado di metterli nelle condizioni di fare in campo ciò che maggiormente piace a ciascuno? Qual è il risultato di un lavoro che punta all’inclusione e al coinvolgimento di ogni elemento della rosa? A cosa porta la scelta di affrontare gli impegni con serietà, ma senza eccessiva pressione? La risposta, almeno stavolta, in questo anno già magico, è una soltanto. Succede che vai dritto in finale scudetto.

Pluralità

Amedeo Della Valle si alza e spara: Langston Galloway prova a contrastarlo - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
Amedeo Della Valle si alza e spara: Langston Galloway prova a contrastarlo - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it

Qualche esempio? La squadra pareva costruita attorno a due leader (offensivi) assoluti come Miro Bilan e Amedeo Della Valle, ma ha vinto 22 partite nel corso della regular season (record societario) accendendo praticamente tutti i componenti della rosa, anche nella metà campo offensiva. Dove il capitano (miglior italiano del campionato) e il centro croato (Mvp) sono stati padroni, ma dove hanno trovato posto, a turno, le bombe di Rivers, le fiammate di Dowe, le movenze felpate di Ndour, i (tanti) lampi di Ivanovic, la garra di Burnell. E via dicendo… Di molti giocatori si può dire che questa sia la stagione migliore della carriera anche a livello personale. E la somma del benessere dei singoli – abbinata all’interconnesione dei singoli in un gruppo – non porta benefici in addizione. Il risultato è frutto di un elevamento a potenza.

I singoli

La stagione di Bilan è memorabile, e l’award della Lba lo certifica. Della Valle sembra entrato in una nuova fase di maturità. Anche nelle precedenti due stagioni aveva accresciuto le proprie abilità nel lavoro dietro le quinte, da alternare ai colpi da solista. Mai come nella serie con Trapani, però, il capitano ha dato l’impressione di sapersi adattare. Di saper dosare ogni scelta. Di capitalizzare qualsiasi possesso. Tre partite, 120 minuti. Di reali «errori» di Adv ne vengono in mente un gran pochi. Dowe, nella seconda parte di campionato, è diventato un fattore determinante. Ivanovic si è espresso per quasi la totalità del campionato su livelli veramente alti. Mercoledì, al palazzetto, c’era Attilio Caja, allenatore navigatissimo. Sottolineava come Maurice Ndour fosse elemento chiave, e come nessuno – tra Russia, Spagna, Lituania, Turchia, Israele... – lo abbia mai visto così devastante (tale è, al momento). Demetre Rivers, nonostante qualche alto e basso, pare aver trovato la propria dimensione.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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