«Colbrelli vuole tornare ma non sappiamo se e quando accadrà»

Finito il tempo dello stupore, continua quello dell’attesa. Perché il malore che ha colpito Sonny Colbrelli continua a tenere banco tra ipotesi, paragoni e gesti d’affetto (continui quelli che riceve il campione di Casto, tra i quali pure quelli della FeralpiSalò di calcio che ha detto di aspettarlo nuovamente al Turina). Ma poi c’è soprattutto il versante medico, con gli esami che il ciclista ha sostenuto e deve ancora sostenere. In questi giorni all’Ospedale Universitario di Girona è stato seguito da Daniele Zaccaria, medico sociale del Team Bahrain che ieri è rientrato temporaneamente in Italia.
Zaccaria, da cosa dipende questa scelta?
«Ci siamo dati idealmente il cambio con la compagna Adelina, papà Federico ed il procuratore Luca Mazzanti. Perché la vicinanza della famiglia è ciò di cui Sonny più necessita in questo momento».
In questi giorni in Catalogna cosa è riuscito a capire di quanto accaduto a Colbrelli?
«Vorrei ringraziare Borja Saenz (l’infermiere da noi intervistato ieri, ndr), perché la sua testimonianza è l’unica che convergeva tra tutte le versioni. Sono arrivato in Spagna lunedì sera, ma ognuno aggiungeva un pezzo e troppe cose non tornavano. Ho sentito le versioni più disparate, dalle convulsioni all’attacco epilettico. Di certo il cuore s’è fermato ed è ripartito da solo».
E invece come ha trovato Sonny?
«Era cosciente, mi ha detto: "Stavo bene, ho sprintato". È sempre stato cosciente, poi mi sono fidato di quanto detto dall’infermiere. Ora aspettiamo il tracciamento del defibrillatore, che è stato inviato a Valencia perché l’azienda produttrice deve scaricare i dati: ci darà più informazioni sull’accaduto».
Cosa dicono gli esami?
«Ad ora sono tutti negativi. Ha fatto coronarografia, ecocardiogramma e anche test genetici, così ci siamo portati avanti. Attendiamo la risonanza e poi ne sapremo di più».
Come ha trovato Colbrelli?
«Nel fisico è Sonny, nel senso che non ha avuto strascichi. È tranquillo, monitorato, poi è chiaro che non è una cosa che si risolve in tre giorni. Non c’è nemmeno una diagnosi, figuriamoci a metabolizzare il tutto. Lui lo conoscete, è un guerriero. Mi ha detto "Voglio tornare, non finisce qui". Ma si alternano momenti di orgoglio, rabbia e dispiacere. Non sarà facile anche solo realizzare l’accaduto».
E ora cosa succede?
«È una risposta che nessuno può dare. Tutti parlano dell’esempio di Eriksen, che ora è tornato in Nazionale. Da quanto ne so è un evento simile. Qualcuno è positivo circa il futuro, in altri casi l’atleta è stato allontanato dall’agonismo. Oggi nessuno ha quella risposta, è prematuro dire se e quanto tempo ci vorrà per tornare. La cosa più importante è che lui c’è».
Aveva mai affrontato casi del genere?
«Così da vicino no. Per me è particolare, sono medico della squadra e sono italiano, con lui c’è un rapporto intimo. Ma bisogna essere lucidi e staccare la parte emozionale». Quando tornerà a Girona per rivedere Colbrelli? «Penso sabato, ma al momento è un’ipotesi».
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