Lenze da pesca e ami minacciano gli uccelli: il caso del cormorano salvato alle Torbiere

L’esemplare è stato liberato dalle guardie ecologiche volontarie, l'allarme: «La plastica minaccia senza confini, volatili, pescie e ambiente»
Un cormorano fotografato all’interno della riserva naturale delle Torbiere - © www.giornaledibrescia.it
Un cormorano fotografato all’interno della riserva naturale delle Torbiere - © www.giornaledibrescia.it
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Nei giorni scorsi le guardie ecologiche volontarie della Provincia di Brescia, in servizio alla Riserva delle Torbiere, hanno liberato un esemplare di cormorano rimasto incastrato tra la vegetazione, dopo essersi impigliato in una lenza ancora attrezzata con un amo da pesca.

L’uccello era in affanno e, nel tentativo di liberarsi, ha attirato l’attenzione di alcuni visitatori che, compresa la situazione, hanno avvisato il personale addetto al controllo dell’area. L’intervento ha avuto esito felice e l’uccello è tornato a popolare l’ambiente naturale senza conseguenze. L’evento, però, non è fine a se stesso. È piuttosto una spia di allarme di una situazione più ampia di noncuranza e inquinamento dell’ ambiente con rifiuti di plastica e a volte ami, pericolosi per gli animali come per gli umani, non nuovo in Riserva e nemmeno sulle rive del Sebino, dell’Oglio, e sui lungolago dei paesi rivieraschi, dove i pescatori meno attenti, dopo aver concluso le ore di pesca, trovano più comodo lasciare l’attrezzatura di scarto a terra, a pochi metri dall’acqua, invece che portarla a casa e smaltirla correttamente, o almeno metterla in un cestino.

A pochi giorni dalla prima delle due Giornate mondiali degli uccelli migratori 2023, in programma il 13 maggio e il 14 ottobre, la testimonianza dell’ornitologo Paolo Trotti, attivo alle Torbiere, ma anche a Paspardo al Centro di recupero della fauna selvatica del Parco dell’Adamello, aiuta a capire qual è oggi - nei confronti del mondo animale - il livello di invadenza della plastica in alcune zone del Bresciano.

«Il problema - spiega Trotti - non ha barriere. Riguarda gli uccelli acquatici, ma anche quelli di montagna, e i pesci. Qualche tempo fa ho visto una trota del lago d’Iseo con una pinna deformata perché incastrata nell’anello di plastica del tappo di una bottiglia. Più volte io o i miei colleghi siamo stati testimoni delle difficoltà patite da alcuni gabbiani con le zampe impigliate in fili delle lenze lasciate sui lungolago».

Fenomeni

«Un discorso simile - prosegue - vale per le reti da pesca, di cui qualcuno si sbarazza semplicemente abbandonandole nel lago, e che poi creano problemi a svassi, anatre e altri uccelli simili. A Pisogne ho visto un nido di folaga costruito in buona parte con fili e pezzi di plastica. Potrebbe sembrare un lato positivo della questione, ma non lo è, perché, quando una zampa si impiglia in un rametto, l’animale se ne libera facilmente, mentre il filamento di plastica è quasi sempre una trappola duratura». Solo per restare alla Riserva delle Torbiere, le guardie volontarie sebine hanno ricordato in un post su un canale social come nel 2016 la vittima di una lenza sia stato un martin pescatore, mentre l’anno scorso un piccolo di cigno è morto prima di riuscire a liberarsene.

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