«In Piazza con Noi», la Festa dei Lavoratori a Corte Franca

Domani, Primo Maggio, le telecamere di Teletutto fanno tappa in Franciacorta
LA PIAZZA A CORTE FRANCA
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Domani, domenica 1° maggio, alle 11, nella piazza di Corte Franca, «In Piazza con Noi» festeggerà il mondo del lavoro, al centro di una bellezza di terra, di palazzi e soprattutto di persone, guidati dalla gentilezza costante del sindaco Anna Becchetti, dai suoi collaboratori, dal mondo della cultura e dell’imprenditoria. In uno spazio di cui non è facile conoscere i confini, al punto di riunire tutti e quattro i borghi che compongono il capoluogo (Borgonato, Colombaro, Nigoline Bonomelli, Timoline) sotto un solo nome che li rappresenta nella loro somma eppure ha un nome altro, un’unità geopolitica che, appunto, si chiama Corte Franca.

È la storicità di una comunità di oltre settemila anime stabilmente viventi, senza scosse migratorie, a mezzora dalla città e a dieci minuti dal lago di Iseo, in grado di toccare il cielo con un dito - Nigoline, in fondo, non sono i nìgoi picinì, le nuvole piccole? - e il sottoterra di cantine di bottiglie pregiate, padrone di ogni tavola nel mondo. Corte Franca definisce un contado potente, di poche parole e di molti fatti, distribuito su borghi ordinati, raccolti dentro muraglie montaliane, quelle disposte su un’asse da Sant’Eufemia, alla parte alta di Brescia, e quindi giù a scivolare su Cellatica, Gussago, Rodengo e quindi a saltare dentro, come un bambino che salta i fossi, dentro completamente la Franciacorta per designare posti che si difendono da soli e si definiscono in una indipendenza particolare.

E dev’essere stata la ragione per cui questo prototipo di indipendenza venne annusata subito da Tito Speri, da molti risorgimentali i quali trovarono amicizia e sostegno nei palazzi ben tenuti, Tito con firma su muro a palazzo Monti Della Corte - molto ospitali i proprietari di oggi, Marie José, Isabella e Alessandro - e un personaggio politico come Giuseppe Zanardelli a palazzo Torri dove si intrattenne per diverse estati con quel Geremia Bonomelli, bresciano di Nigoline, eccola, lì, la sua casa, vescovo di Cremona ottimamente scomodo alla curialità.

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Corte Franca è la storia di un transito da una severa povertà economica fino agli anni Settanta all’economia delle bollicine su ogni tavola del mondo. Tutto si fece nella fatica degli umili e dalla lungimiranza di alcuni borghesi. Gli umili vangarono, seminarono, raccolsero tutti i frutti possibili di un campo che fu ricco, esclusivamente, allora, dell’assenza di nebbia, ed ora espone sorprese enogastronomiche, forza estetica di palazzi e di castelli, di cortili e di templi, di chiese e di orti intorno a case semplici e ordinate.

Unità popolare

Ha ragione da vendere il sindaco Anna Becchetti quando allude a un’unità popolare in grado di congiungere i borghi, di aprirli a visite trattate su sentieri e su ciclabili, su un desiderio di offrire a tutti, e parimenti, un tavolo per una stella, per quattro stelle di pane e di vino, al modo di Ignazio Silone e di Alessandro Manzoni, per esempio.

Noi tre della Piazza, che ci siamo definiti per tenerci su, per resistere a questa instancabile cattiveria del Covid post Covid ed ora della guerra, I tre moschettieri, per primi i due sempre con la «spada-microfono» in mano, Clara Camplani e Marco Recalcati, ci siamo messi facilmente ad amare la terra e le persone, di Corte Franca, osservando il volto di alcune donne, del consigliere onnipresente Catia Gotti, di Isabella e Maria José Monti Della Corte, di Paolina Torri ritratta in quell’indimenticabile ritratto di Roberto Venturi testata del bel libro di Mino Perini; e la grazia della prima cittadina che ama questo lembo di tempo e di spazio, siccome qui giace e rivive, ogni giorno, ciò che ama di più e che anche noi abbiamo imparato, presto, ad amare.

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