Gezim Sallaku espulso dall’Italia: «Irregolare e pericoloso»

Alle 21.30 di ieri un volo partito da Milano lo ha riportato in Albania. In tasca Gezim Sallaku aveva un decreto di espulsione
Gezim Sallaku (archivio) © www.giornaledibrescia.it
Gezim Sallaku (archivio) © www.giornaledibrescia.it
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Alle 21.30 di ieri un volo partito da Milano lo ha riportato in Albania. In tasca Gezim Sallaku aveva un decreto di espulsione firmato poche ore prima dal questore di Brescia Giovanni Signer. 
«Persona indesiderata perché non in regola con i documenti e socialmente pericoloso».

Questa la motivazione che ha portato all’allontanamento dall’Italia dell’imprenditore, proprietario di ristoranti e alberghi in Vallecamonica e sulla sponda bresciana del lago di Iseo e già patron del Darfo calcio

Sallaku ha provato ad opporsi, ma il giudice del tribunale ha rigettato l’impugnazione e ha convalidato il provvedimento dopo l’udienza che si è tenuta ieri mattina in tribunale. «Ho un figlio minorenne» ha detto in aula Sallaku, ma il ragazzo è prossimo alla maggiore età e quindi la carta della famiglia, messa sul tavolo dall’imprenditore, è stata scartata dai magistrati. L’espulsione da parte della Questura è stata disposta per due motivi su tutti: perché Sallaku non aveva più titolo di soggiorno regolare, scaduto e non più rinnovato, e poi per le vicende giudiziarie che hanno segnato gli ultimi 18 anni della vita bresciana di Sallaku tra arresti, sei, e processi. 

La prima volta era finito nei guai nel 2002 nell’ambito di un’inchiesta su un maxi giro di auto rubate. Nel 2015 è la Procura di Cremona che gli mette gli occhi addosso e le manette ai polsi per ricettazione di ruspe, betoniere, macchine movimento terra. Esce dal carcere, ma nella stessa estate torna in cella - dove rimane per sei mesi - con l’accusa di frode fiscale, interposizione fittizia e bancarotta fraudolenta.

Nel 2017 finisce ai domiciliari per evasione fiscale, mentre nel 2018 i carabinieri lo arrestano dopo che gli trovano nel garage di casa, in un’intercapedine nel muro, tre pistole. Inizia una battaglia, a colpi di ricorsi, con la Procura che alla fine vince. Uno dei fratelli si assume la totale responsabilità delle armi e dopo il Riesame anche la Cassazione da ragione all’uomo di Durazzo. Ora l’ultimo provvedimento lo ha portato lontano dall’Italia. Espulso.

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