Assalto al caveau: come sarebbe dovuto andare il colpo del secolo

Secondo gli inquirenti, decisivi i fiancheggiatori esterni che hanno fornito mezzi e logistica alla banda
Kalashnikov e fucili a pompa per il colpo al caveau - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Kalashnikov e fucili a pompa per il colpo al caveau - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Fuori in sette minuti. Tanto avrebbero dovuto metterci per abbattere il muro in cemento armato del deposito, per prelevare le ceste con il contante e per darsi alla fuga. Per fermarli i Nocs ci hanno impiegato anche meno. A 72 ore dal blitz messo a segno dal Ros dei Carabinieri e dallo Sco della Polizia e che ha mandato in fumo il colpo del secolo al caveau della Mondialpol a Calcinato, emergono numerosi dettagli della rapina per la quale 31 persone sono finite in manette e molte altre nel registro degli indagati. I malviventi - professionisti di Cerignola e individui stabili nel Bresciano, ma originari della Calabria e con agganci ’ndranghetisti - avevano pianificato il colpo nei minimi dettagli.

Non sospettavano di essere protagonisti di un Truman Show visto, ascoltato, seguito minuto per minuto da decine e decine di investigatori dotati della migliore tecnologia per almeno cinque mesi.

Il bottino

Il deposito di Calcinato obiettivo dei rapinatori - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il deposito di Calcinato obiettivo dei rapinatori - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it

Grazie alla soffiata di due dipendenti infedeli della Mondialpol, uno dei quali era presente al deposito nei minuti in cui la rapina avrebbe dovuto andare in scena, i calabresi vengono a sapere della presenza nel fortino di 83 milioni di euro, qualcuno in più degli 80 dichiarati nelle scorse ore. Una candela per cui vale ogni tipo gioco. Per la quale val bene qualsiasi matrimonio, soprattutto se all’altare del malaffare si arriva con una sposa in grado di far saltare il forziere. E non è un modo di dire.

Nasce così la joint venture con i cerignolani, vere e proprie autorità del settore. Il piano prende forma sulla carta. E dalla carta prende corpo in strada. Gli uomini ci sono. Servono i mezzi e il luoghi dove ricoverarli. Servono auto da incendiare per bloccare le via d’accesso al caveau di Calcinato. I componenti della banda ne rubano diverse, le bonificano dei dispositivi Gps e le lasciano decantare per avere la certezza siano davvero «pulite» che nessuno le localizzi.

Zona grigia

Sigilli al capannone di Cazzago San Martino dopo il blitz - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Sigilli al capannone di Cazzago San Martino dopo il blitz - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it

Una volta recuperate le auto (saranno in tutto 26) servono i tetti sotto i quali nasconderle in attesa del colpo. C’è un prezzo per tutto e, per gli inquirenti, davanti ai soldi più d’uno è disposto a mettersi in affari proibiti. È il caso, secondo l’accusa, del proprietario dell’immobile di Cazzago San Martino dal quale venerdì stava per scattare il blitz. Ma è il caso anche dei proprietari degli altri quattro impiegati dallo scorso ottobre nella preparazione della rapina e di chi, senza partecipare direttamente all’ideazione del piano, ha comunque fornito un contributo alla sua logistica.

Stando alla ricostruzione degli inquirenti, i malviventi hanno avuto serie difficoltà solo nella ricerca dell’ariete per demolire il deposito Mondialpol. Serviva un mezzo dotato di un martello pneumatico particolarmente potente, un macchinario da grandi opere e grandi infrastrutture. La ruspa sarebbe stata individuata in uno dei cantieri della zona. Ai vertici della banda sarebbe bastato pagare per averla e per comprare, da chi ne aveva la legittima disponibilità, l’assicurazione di una tardiva denuncia del suo furto. Il mezzo poi sarebbe stato portato a Calcinato su un carrello e, una volta messo in funzione, avrebbe svolto il suo compito in pochi minuti. Penetrati all’interno del caveau di Mondialpol i rapinatori avrebbero comunicato attraverso telefoni dedicati, gli ultimi otto di una serie infinita, ma soprattutto attivato «jammer» per rendere impossibile l’uscita dal deposito di qualsiasi richiesta di aiuto.

La fuga

Studiata, momento per momento, ovviamente era anche la fuga. Ognuno con la sua parte di bottino, i malviventi sarebbero confluiti per strade diverse nei pressi dell’area di servizio Campagnola Est, che sorge sull’A4 proprio in territorio di Calcinato. Sarebbero passati attraverso tagli aperti nella rete di recinzione e saliti sul Tir che li aveva trasportati il giorno prima a Brescia insieme al loro arsenale e che, nei programmi, li avrebbe dovuti riportare milionari a Cerignola.

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