Scuola

La scuola chiede i vaccini, dubbi sulla riapertura del 7

Non c'è un calendario vaccinale ad hoc, quindi docenti e bidelli verranno vaccinati tra aprile e settembre. «Troppo tardi»
La riapertura prevista il 7 gennaio sembra essere a rischio - Foto Ansa/Ciro Fusco © www.giornaledibrescia.it
La riapertura prevista il 7 gennaio sembra essere a rischio - Foto Ansa/Ciro Fusco © www.giornaledibrescia.it
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La scuola deve assolutamente riaprire il 7 gennaio ma bisogna farlo in sicurezza, innanzitutto garantendo trasporti efficienti per gli studenti e vaccini in tempi rapidi per i docenti, tra le categorie maggiormente esposte al virus. A sostenerlo sono i presidi, i sindacati della scuola e oggi anche il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.

Il mondo della scuola non ha un calendario vaccinale ad hoc, quindi docenti e bidelli verranno vaccinati probabilmente tra aprile e settembre. «Troppo tardi», dicono in coro tutti i sindacati. E del resto docenti e Ata sono pronti a farsi vaccinare: l'80% lo farebbe domani, stando ad un sondaggio al quale hanno partecipato in totale 10.445 persone.

«Arretrare sulla scuola, significa rinunciare a un pezzo significativo del nostro avvenire. Per questo non lo faremo», ha scritto la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, che da settimane si batte per la riapertura delle scuole superiori. Tuttavia sono forti i timori che la circolazione del virus possa vanificare il lavoro fatto per riportare tutti i ragazzi in classe. È possibile che una decisione definitiva venga presa all'inizio della prossima settimana.

«In molte Regioni, anche la riapertura in presenza al 50% delle scuole superiori auspicata dal presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di fine anno è una specie di miraggio», fa notare Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera. «A 5 giorni dalla ripresa delle attività didattiche, in uno scenario pandemico purtroppo ancora poco rassicurante, ci chiediamo su quali basi il ministro Azzolina abbia fondato la sua granitica certezza in merito alla riapertura in presenza delle scuole», scrive anche il deputato della Lega Rossano Sasso. Sul fronte opposto, Gabriele Toccafondi di Italia Viva fa notare come l'apertura solo al 50% per le superiori, prevista per il 7 gennaio, faccia dell'Italia «non un Paese per giovani».

Intanto in alcune Regioni verranno convocate nei prossimi giorni dai rispettivi assessori all'Istruzione delle riunioni con l' Ufficio scolastico regionale e i sindacati. «Non ci sono le condizioni di sicurezza per tornare a scuola il 7 gennaio e i trasporti non danno garanzie», sostiene Gianni Verga, segretario generale della Uil Scuola Puglia. In Campania è stato concordato con i sindacati un rientro per passi successivi, con un monitoraggio costante della curva dei contagi: il 7 gennaio è previsto il ritorno in classe delle prime e le seconde elementari, che già frequentavano in presenza prima di Natale, poi dall'11 gennaio la riapertura di tutte le classi della scuola primaria; dal 18 gennaio tutte e tre le classi della secondaria di primo grado e dal lunedì 25 la secondaria di secondo grado.

I tavoli coordinati dalle prefetture «hanno assunto decisioni a volte troppo rigide che non tengono conto di tutte le situazioni e che rischiano di non semplificare: molti dirigenti scolastici temono di non riuscire ad applicare le nuove norme», rivela Roberta Fanfarillo che guida i dirigenti scolastici della Flc Cgil. «È necessario tornare a scuola in presenza ma bisogna che la riapertura sia un impegno dell'intera società, non solo della scuola. Sembra invece che la scuola debba rimodulare il proprio lavoro e il resto può rimanere così come è. Ma non è così che può funzionare», è il parere di Paola Serafin, a capo dei dirigenti scolastici della Cisl.

Alcune regioni, in vista della riapertura, hanno deciso di scaglionare gli orari di ingresso, altre di prevedere un unico turno. Nelle scuole superiori nei giorni scorsi sono stati distribuiti on line dei questionari sugli spostamenti casa-scuola proprio per mettere a punto al meglio il piano della mobilità. E i ragazzi che devono scegliere, dopo le medie, quale scuola o corso professionale scegliere, sono confusi: 2 su 5 non sanno cosa faranno anche a causa dello stop subito dai corsi per l'orientamento.

 

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