West Nile, l’infettivologo Castelli: «Più rischi con estati così calde»

«C’era, c’è e ci sarà: il virus del West Nile, presente in Italia da una ventina di anni, è endemico: dobbiamo essere consapevoli dell’importanza della lotta alle zanzare». A ribadirlo è il professor Francesco Castelli, direttore della struttura complessa di Malattie Infettive e Tropicali dell’Asst Spedali Civili nonché rettore dell’Università di Brescia.
Rispetto ad anni fa i casi, nel Paese, sono aumentati: «La causa è da ricercarsi nelle nostre estati, diventate più lunghe e più calde. La presenza e l’attività del vettore, la zanzara comune (Culex), è infatti influenzata dalle temperature e dalle precipitazioni».
Sintomi
Il virus – ricordiamo – alberga in uccelli selvatici come gazze e corvi: «Le zanzare comuni si nutrono da questi uccelli e dall’uomo e, una volta infettate, possono trasmettere il virus al cavallo e all’uomo. Cavallo e uomo, però, non sono a loro volta serbatoi per altre infezioni».
Alla persona positiva alla West Nile possono succedere tre cose: «Nell’80% circa dei casi non presenta sintomi. Nel 20% manifesta febbre anche alta, cefalea, dolori articolari, ossia sintomi aspecifici che molte volte non arrivano nemmeno all’attenzione del medico. E in una piccolissima percentuale, si parla di un soggetto su 150, presenta sintomi encefalici gravi (come il paziente 75enne degli Spedali Civili, ndr). Di solito si tratta di persone immunodepresse, anziane, con altre malattie». L’attenzione, si diceva, è alta. E fondamentale, con questo clima, è la lotta alle zanzare. Ciascuno, nel proprio piccolo, è chiamato a fare la propria parte, ad esempio eliminando i ristagni d’acqua. In tal senso il prof. Castelli parla di «responsabilità collettiva».
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