Diario di bordo di Tom: la GdB Run, una gara di solidarietà

Meno male che ci sei tu a leggermi, Diario. Con tutte le cose che ho da raccontarti, oggi mi stavo quasi dimenticando di chiedere a Mirella se ha deciso il soprannome ufficiale di Barbara. Sì, proprio lei. Barbara. La mia futura fidanzata. Ho deciso: se nella vita dovrò baciare una ragazza, vorrei che fosse lei. Ma ci vuole un soprannome all’altezza, qualcosa di più magico di Rapunzel…
Comunque, parlando di soprannomi, anche io ne ho uno: Tomonauta. All’inizio qualcuno voleva chiamarmi Minion, per il mio senso dell’avventura. Ma poi, visto quanto parlo di spazio, il casco da astronauta mi calzava meglio. E così Tomonauta è diventato ufficiale.
Oggi però voglio raccontarti una cosa che è successa qualche settimana fa, a giugno, prima che iniziassi a scriverti ogni giorno. Secondo me sul Diario si possono scrivere anche ricordi, giusto? Un pomeriggio, sono arrivati un gruppo di persone in reparto con una maglietta gialla. Gialla come il sole quando spacca le nuvole. Era la maglietta della GdB Run, una corsa che si è svolta a Brescia per il compleanno del Giornale di Brescia. Ma non era solo una corsa: era una gara di solidarietà.
Il bello è che i proventi della GdB Run sono stati donati ad Ail Brescia, proprio per aiutare il mio progetto. Il mio! Una corsa vera, a cielo aperto, con scarpe da ginnastica, sorrisi sudati e… tante magliette gialle come la mia.
«Ma com’è stato possibile tutto questo?», ho chiesto curioso. Allora mi hanno spiegato che ci sono amici silenziosi che hanno corso senza muoversi, perché hanno coperto tutte le spese, così ogni euro raccolto potesse andare direttamente alla mia missione. Me li hanno presentati, uno a uno. C’erano tanti sostenitori: Banca Valsabbina, Barchetti Auto dal 1924, Elnòs Shopping, Abaribi, Conad, Vivi Energia, Acqua Maniva e Intred. Mi hanno spiegato di essere stati i tecnici del centro di controllo: quelli che non si vedono nei film, ma che senza di loro l’astronave non parte.
È strano pensare che tutta quella gente abbia corso anche per me. Voglio dire, io ero qui, in ospedale, con la mia flebo e i miei pensieri lunghi… e là fuori c’erano più di 2.000 persone che si mettevano le scarpe da ginnastica, si legavano i capelli, facevano stretching e poi partivano. Per correre anche per me. Io non li conosco. Loro non conoscono me. Ma è successo lo stesso. Forse è questo che fanno le persone generose: trasformano le corse degli altri nei sogni dei bambini. E allora oggi, anche se non ho le gambe forti, anche se il mio razzo non è ancora decollato, mi sento portato in braccio. Da una città intera.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
