Polmonite, aumentano i casi nel Bresciano rispetto a un anno fa
In coda all’influenza, arrivano le polmoniti. Succede sempre, ma quest’inverno ancora di più: nei pronto soccorso di città e provincia da metà novembre a metà febbraio sono stati registrati 3.242 accessi per infiammazioni dei polmoni, quasi il 20% in più della stagione fredda 2023/2024 (2.705). «Sono perlopiù polmoniti batteriche che si sviluppano in seguito a un’infezione virale complice l’abbassamento delle difese immunitarie – chiarisce Cristiano Perani, direttore del pronto soccorso del Civile di Brescia –. Colpiscono principalmente le persone anziane e i fragili. Non c’è nessun allarme, la situazione è sotto controllo».
Le diagnosi
Stando agli ultimi report regionali disponibili emerge che nel 2025 ogni settimana accedono ai pronto soccorso lombardi per svariati motivi all’incirca 70mila persone. In quelli del territorio di Ats Brescia (tutta la provincia, Valcamonica esclusa) sono 9.500. In quelli di Ats Montagna (che comprende Valcamonica, provincia di Sondrio e Alto Lario) 2.700. In tutta la regione, quest’anno, le diagnosi di polmonite nei pronto soccorso oscillano tra le 1.700 e le 2.100 a settimana. In 500-600 casi si è reso necessitano procedere al ricovero.
Stringendo il focus al territorio di Ats Brescia da metà novembre a metà febbraio gli accessi nei pronto soccorso dovuti alla polmonite sono stati 2.934 (dei quali 1.793 registrati dal primo gennaio in poi), contro i 2.474 della stagione precedente e i 2.126 dell’inverno 2019/2020. Nell’area di Ats Montagna, nello stesso periodo preso in esame, ne sono stati registrati 924 (in aumento rispetto agli anni passati: erano 694 nella stagione 2023/2024 e 679 in quella 2019/2020), dei quali un terzo possono essere attribuiti alla Valcamonica. Sommando, poi, i 2.934 casi in Ats Brescia ai 308 camuni si ottengono i 3.242 accessi totali, nel Bresciano, per polmonite.
I motivi
Che il 2025 sia iniziato con molti casi di polmonite (tra i 260 e i 330 a settimana nel territorio di Ats Brescia) non può trovare come unica spiegazione il fatto che il picco dell’influenza sia stato registrato più in là nel tempo (tra il 20 e il 26 gennaio) rispetto alle precedenti stagioni (nella seconda metà del dicembre 2023 e a fine novembre 2022). «I fattori che possono incidere sono tantissimi – spiega Perani –: tasso vaccinale, temperature, tipo di vita comunitaria... Individuare una sola causa sarebbe un azzardo».
I medici di base
La situazione è ben nota anche ai medici di base: Dario Palini, con ambulatorio a Rodengo Saiano, conferma «l’impressione che ci sia stato un aumento dei casi rispetto agli anni scorsi. Sta a noi educare il paziente circa l’eventualità che, se la situazione della virosi respiratoria in corso non migliora, si rende necessaria una rivalutazione fondamentale per chiarire la presenza o meno di una sovrainfezione batterica».
Il picco, si diceva, è stato superato, ma, come evidenzia il direttore Perani, «la stagione delle sindromi simil-influenzali è ancora in corso». In Lombardia nella sesta settimana dell’anno l’incidenza è scesa a 16 casi per mille assistiti, contro i 18,3 di fine gennaio. A tal proposito dallo stesso report emerge che nei pronto soccorso del territorio di Ats le diagnosi per sindromi simil-influenzali attribuite in fase di dimissione sono state più di 800 a settimana nella fase del picco per scendere a 712 a metà febbraio. Il calo è evidente anche a livello regionale. Infine i ricoveri, in Lombardia, per queste sindromi, sono circa 500 a settimana.
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