Perché ci sono persone che non vogliono vaccinarsi?

Uno studio multinazionale coordinato dall’Irccs di Brescia si è concentrato sui fattori in grado di predire l’indecisione verso la vaccinazione
Le vaccinazioni anti Covid - Foto Ansa/Giuseppe Lami © www.giornaledibrescia.it
Le vaccinazioni anti Covid - Foto Ansa/Giuseppe Lami © www.giornaledibrescia.it
AA

Perché ci sono persone che non vogliono vaccinarsi? Da uno studio scientifico, in corso in trenta Paesi europei, promosso e coordinato dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della Sanità sono emersi alcuni aspetti utili per la lettura del fenomeno dalla quale non si dovrebbero ignorare «gli aspetti psicologici delle decisioni».

In Italia il progetto è coordinato da Giovanni de Girolamo, psichiara responsabile della Psichiatria epidemiologica e valutativa dell’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) Fatebenefratelli di Brescia, oltre che da studiosi dell’Istituto superiore di Sanità e dall’Azienda sanitaria di Modena in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova.

Lo studio, in uscita su «Preventive Medicine» riguarda i dati raccolti in un campione di 5.006 partecipanti arruolati tra gennaio e febbraio 2021 e si è concentrato sui fattori in grado di predire l’indecisione nei confronti della vaccinazione contro il Covid-19.

I risultati di una serie di modelli statistici (di cui si è occupato Paolo Girardi, ricercatore dell'Università di Padova) dimostrano che sia coloro che propendono per un atteggiamento opportunistico sia coloro che si dicono riluttanti a vaccinarsi nel caso dovessero risultare positivi al Covid-19 sono maggiormente propensi nei confronti della vaccinazione quando sono: più favorevoli in generale alle vaccinazioni, adottano le misure di salute pubblica raccomandate, hanno fiducia nelle fonti istituzionali che si occupano di problemi sanitari (ministero della Salute, Iistituto superiore di Sanità e Organizzazione mondiale della Sanità), e hanno maggiori capacità di resilienza (hanno cioè maggiori capacità di fronteggiare eventi stressanti).

Invece vacillano maggiormente coloro che si avvalgono spesso o molto spesso di informazioni provenienti dai social e tendono a spiegare gli eventi attraverso teorie di tipo cospirazionista. Inoltre, le donne e le persone più giovani sono più riluttanti a vaccinarsi nel caso in cui dovessero risultare positivi al Covid-19, mentre chi ha un’elevata scolarizzazione tende ad essere meno propenso ad approfittare della vaccinazione altrui.

Gli autori concludono che «questi risultati possono essere visti come pezzi di un puzzle complesso nel quale non si possono ignorare gli aspetti psicologici e si augurano che il monitoraggio dell’esitazione vaccinale e dei suoi determinanti psicologici possano entrare a fare parte della normale pianificazione sanitaria, al di là della pandemia, in modo da consentire interventi mirati e tempestivi nel caso di nuovi eventi epidemici». La parte italiana dello studio internazionale è stata finanziata dalla Fondazione Cariplo e dall’Irccs Fatebenefratelli di Brescia.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia