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Noi umani cosa faremo, se i robot lavoreranno al nostro posto?

Al Festival di Trento tre giorni di incontri sui possibili (e inquietanti) scenari: ma sarà così?
Troppi o troppo pochi? I robot: si prevede un massiccio arrivo nelle aziende - foto Corbis
Troppi o troppo pochi? I robot: si prevede un massiccio arrivo nelle aziende - foto Corbis
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A Festival ormai concluso, crediamo sia non banale tornare sulla tre giorni che a Trento (il fine settimana scorso) ha animato l’annuale Festival dell’Economia, quest’anno centrato attorno al tema - quanto mai attuale e decisivo e inquietante per molti aspetti - dell’uomo-macchina. È il tempo dei robot e dei cobot, dell’Intelligenza Artificiale e del Machine Learning.

I 10 anni che abbiamo davanti saranno di rivoluzione nelle fabbriche e, più in generale, nella vita di tutti i giorni nelle nostre città. Naturalmente il tema si presta a molte considerazioni, ha implicazioni potenti nell’ambito della psicologia, del nostro rapporto con la macchina. E soprattutto pone a tutti la domanda che il titolo sintetizza: che faremo noi umani quando faranno tutto le macchine? C’è un ruolo possibile dell’uomo nel nuovo Mondo?

Naturalmente, chi considera utile, importante, ineluttabile l’avanzare delle nuove tecnologie, considera inutile, stupido, improduttivo avere atteggiamenti di ostilità nei confronti del nuovo che avanza. Più o meno robot? E quando emerge il tema dei posti di lavoro che si perdono, l’esempio della Germania è illuminante: il Paese con il maggior numero di robot installati è quello con il più basso (o fra i più bassi) di disoccupazione al mondo. E questo, forse, depone a favore della tesi dei "robottisti": il problema italiano non sono i robot, ma il fatto che ne abbiamo pochi, che l’industria (detto in altre parole) è relativamente poco 4.0.

Le tecnologie digitali sono il modo per far rientrare in Italia lavorazioni oggi trasferite altrove, in Cina e Asia in primis. Solo con una digitalizzazione spinta possiamo immaginare di competere e difendere un manifatturiero che si deve scontrare con paghe umane da fame. Mancherà il lavoro? Sì, ma in Cina! ci dicono.

Tito Boeri, docente inBocconi e presidente Inps, oltre che alla guida del Festival, è decisamente più cauto. «Automazione significa distruzione di lavoro, sostituzione di lavoro svolto dall'uomo con macchinari», dice Boeri. Ma è vero che l’automazione porta con sé anche un aumento della produttività e dei salari nei lavori che le macchine non riescono a sostituire». Nel mondo, riconosce Boeri, si continuano a generare posti di lavoro e il tasso di occupazione è cresciuto nel secolo scorso pressoché ovunque. Nonostante l'aumento dell'automazione.

Le contraddizioni possono avere effetti perversi. Per esempio, «in molti Paesi negli ultimi decenni si è assistito a una polarizzazione dell'impiego, con creazione di lavoro ai due estremi della distribuzione del lavoro per qualifiche: sono cresciuti soprattutto i lavori poco qualificati o quelli molto qualificati, mentre c'e' stata una contraddizione di quelli che contemplano abilità media». In pratica, lavorano (pagati bene) chi studia gli algoritmi dei servizi di pasti a domicilio e (pagati poco) chi te li porta a casa smanettando sulle bici. Nel mezzo quelli che trovano lavoro ogni tanto, fanno gli ordine e pensano così di risparmiare».

 

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