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L'intelligenza artificiale è un vero salto evolutivo

I movimenti finanziari sono tra i campi di sperimentazione più esplorati
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Internet sta pervadendo il mondo che ci circonda, estendendosi agli oggetti e ai luoghi che, grazie a sensori e a codici, si rendono non solo riconoscibili, ma anche generatori di dati e di informazioni. Essendo ormai possibile attribuire un’identità digitale a qualsiasi cosa più o meno complessa, dal mondo reale stanno emergendo imponenti e articolati flussi di impulsi elettronici che attendono di essere valorizzati nell’intento di favorire la raccolta di informazioni aggiuntive.

In tal senso, per esempio, si stanno muovendo le imprese più evolute, che sull’elaborazione perspicace dei dati e delle informazioni stanno rifondando i loro processi industriali. Aumentando le sorgenti di dati, peraltro, si complica enormemente la ricerca di loro relazioni e di loro interdipendenze, che non di rado possono assumere valore strategico. Le aziende si troveranno in un futuro ormai prossimo anche a dover vagliare e gestire non solo gli elementi derivanti dai loro database strutturati, ma anche le informazioni legate a immagini, a scambi di corrispondenza elettronica, a geo-localizzazioni e a relazioni scaturenti dai social network: incombenze di grande complessità e delicatezza che imporranno la dotazione di sistemi in grado, quantomeno, di setacciare fiumane di dati al fine di consentirne un’accettabile valutazione.

Un problema che, d’altra parte, ha impegnato generazioni di ricercatori fin dagli anni ’40 del secolo scorso, quando Alan Turing e John McCarthy posero le basi della cosiddetta «intelligenza artificiale», teorizzando l’eventualità di affidare a macchine la soluzione di determinati ordini di problemi. Occorrerà peraltro attendere gli anni ’70 per assistere alla realizzazione dei primi sistemi «esperti» basati su modelli deterministici assistiti dal diktat «vero-falso»: un condizionamento che incoraggiò la costruzione dei sistemi di seconda generazione, fondati su meccanismi probabilistici che riuscivano a rappresentare meglio l’attualità e la realtà effettiva.

Grazie al continuo potenziamento dell’hardware, negli anni ’80 e ’90 i sistemi esperti progredirono ulteriormente, rendendosi ancor più duttili e flessibili fino ad agevolare i processi decisionali attraverso la proposizione di possibili soluzioni a problemi non strutturati: un esito straordinario, ma che ancora non riusciva a cogliere i sempre più rapidi mutamenti di contesto. Da questa constatazione, ma anche in virtù dell’impressionante espansione della potenza di calcolo, prende corpo il salto evolutivo che stiamo vivendo in questi anni: quello sviluppo tecnologico, cioè, che può essere più legittimamente definito come «intelligenza artificiale», essendo in grado non solo di trattare grandi quantità di dati e di informazioni digitali di ogni genere (Big Data), cogliendone le connessioni più significative, ma anche di adattarsi istantaneamente al loro mutare e al loro divenire.

Tra i terreni di sperimentazione più esplorati dai sistemi di intelligenza artificiale di ultima generazione sono i mercati finanziari. Allo stato attuale le risultanze delle applicazioni non sono entusiasmanti: anziché ottimizzare i rendimenti e attenuare i rischi, i nuovi sistemi tendono a determinare e a riprodurre automatismi che spesso contribuiscono ad esasperare gli andamenti degli indici o dei singoli titoli. Sebbene per ora costituisca più una fonte di tensione che un aiuto concreto alla gestione di portafogli azionari, l'intelligenza artificiale, per la sua particolare natura tesa continuamente all'auto-apprendimento e all'auto-miglioramento, è presumibilmente destinata a migliorare le sue performance.

Ciò non significa legittimare entusiasmi o prefigurare scenari sensazionali, che non di rado sconfinano nella fantascienza, bensì augurarsi che i sistemi di intelligenza artificiale siano perfezionati al punto da costituire strumenti per distillare sintesi di dati e di informazioni realmente utili per favorire le scelte più avvedute dell'uomo. Senza mai dimenticare che sgomenta più la conclamata stupidità naturale che una qualsiasi imperfetta soluzione di intelligenza artificiale.

 

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