Chef Stefano Cerveni: «Ogni piatto figlio di un’emozione»

Il cuoco del Due Colombe di Corte Franca ci ha ospitato in cucina: «Oltre alla competenza serve collaborazione»
Il cuoco franciacortino durante una Lezione di chef in Cast - © www.giornaledibrescia.it
Il cuoco franciacortino durante una Lezione di chef in Cast - © www.giornaledibrescia.it
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La frase, che illumina la scena come il lampo d’un flash, arriva quando sta ormai per terminare il nostro inusuale «dietro le quinte», ospiti in cucina durante il servizio serale al «Due Colombe» di Corte Franca. Mentre cuochi e camerieri si scambiano comande e piatti, con Stefano Cerveni, che controlla al pass il lavoro della sua brigata, si parla di tendenze del gusto, di organizzazione del ristorante, di creatività. Ed è qui che lo chef franciacortino offre la sua piccola, grande verità.

«I piatti nuovi nascono in mille modi, non c’è una regola: può essere uno scambio di idee mentre si lavora oppure lo stimolo d’un abbinamento originale o la voglia di far risaltare al meglio la qualità d’un prodotto - confessa -. Ma i piatti più riusciti, quelli che una volta creati non riesci più a togliere dal menù, nascono in un modo solo: sono sempre figli di una forte emozione personale. Dico di più: sono per me il modo di prolungare e trasmettere quell’emozione, di farla vivere, in qualche maniera, anche al mio ospite».

 

Cerveni alla serata finale di Chef per una notte - © www.giornaledibrescia.it
Cerveni alla serata finale di Chef per una notte - © www.giornaledibrescia.it

 

È l’idea della «cucina come piacere per chi la fa e per chi la gusta» che è un po’ la stella polare di Stefano, da sempre nostro prezioso collaboratore a Chef per una notte. Un’idea che si traduce in realtà grazie ad una precisa organizzazione. «Da qualche tempo - spiega - in settimana apriamo il Due Colombe solo la sera, perché a pranzo la gente ha sempre meno tempo. Ma la mia cucina si apre ogni mattina almeno alle 10 perché praticamente ogni giorno i fornitori portano le materie prime fresche. Ed è decisivo, per la qualità di quanto serviremo ogni sera o durante gli eventi, che la pulizia e i primi trattamenti siano fatti subito, che carni, pesci e verdure ricevano immediatamente le prime cure per entrare integri e pronti per la cucina nei nostri frigoriferi».

Il lavoro prosegue poi al pomeriggio con l’ingresso di altri cuochi, mentre la squadra è al completo almeno un paio d’ore prima del servizio, con la linea già praticamente in marcia. Ed tutti i collaboratori di Stefano hanno un posto e un ruolo preciso nella cucina: «Ognuno dei 6/7 cuochi al lavoro - spiega lo chef - sa far tutto, conosce ogni piatto e lo potrebbe realizzare tranquillamente, ma si occupa in verità ogni sera o di antipasti o di primi piatti o di secondi. Ed ogni cuoco ha la piena responsabilità d’una preparazione, la segue dall’inizio alla fine, ovvero all’arrivo al pass, dove io o il mio sous chef facciamo l’ultimo controllo prima di mandarlo in tavola». C’è dunque forte specializzazione anche in questa cucina, insieme alla possibilità di rafforzare un’area o l’altra a seconda dei momenti della serata, mentre un paio di volte all’anno, proprio per rompere la routine e rinfrescare le competenze di tutti, si effettuano scambi di posizione e di ruolo.

Un’organizzazione che si fonda sul lavoro di squadra e la collaborazione tra professionisti; modello che Stefano adotta anche per la gestione degli altri locali dei quali è responsabile, soprattutto a Milano. «Il Due Colombe è il mio ristorante, è la mia casa, è il locale al quale dedico tutte le attenzioni possibili, dove torno ogni sera e dove sono felice di poter realizzare tanti eventi in ogni stagione - racconta -. Poi ci sono un’altra decina di insegne, di target molto diverso tra loro, dove negli anni, e con non poca fatica, sono riuscito a trovare gruppi di collaboratori affidabili. Lì deve funzionare, e funziona, una delega fiduciaria ampia e il mio lavoro, oltre alla responsabilità generale della proposta e alla soluzione quotidiana dei maggiori problemi, si basa molto sul saper motivare adeguatamente chi poi opera concretamente ai fornelli. Perché in cucina non bastano competenza e abilità, ma serve la collaborazione di tutti e soprattutto tanta passione».

 

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