Facciamo memoria del primo anno di Covid

Il 2020 è l’anno che mai avremmo immaginato di vivere. Archiviarlo per dimenticarlo sarebbe sbagliato, dobbiamo elaborarlo
La Terapia intensiva del Civile - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
La Terapia intensiva del Civile - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Quando il 30 gennaio 2020 l’Oms dichiarò l’emergenza globale piombammo nell’angoscia, nella paura, le fitte tenebre della pandemia iniziarono ad addensarsi attorno alle nostre case, lo scorrere del nostro tempo è stato completamente stravolto. Come ha detto papa Francesco, in una piazza San Pietro bagnata da una leggera pioggerella a rendere l’atmosfera ancora più cupa, «ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa». E così «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda».

Le mascherine sono diventate nostre compagne di vita quotidiana, quotidianamente abbiamo iniziato a parlare (e discutere) di tamponi, sierologico, lockdown, assembramenti, asintomatici, smart working, virologi, vaccini, negazionisti. Nel frattempo sono passati due anni, abbiamo vissuto situazioni e drammi che mai avremmo immaginato, abbiamo visto persone a noi care, amici e parenti, colpiti dallo spietato Covid, troppi ci hanno lasciato. Fortunatamente quel tempo appartiene al passato, è ancora presto per scrivere la parola fine, ma siamo incamminati lungo la giusta strada. Certamente l’unione tra i risultati della ricerca scientifica e l’impegno di tutti noi sta portando risultati significativi. Dobbiamo crederci guardando con fiducia e speranza al futuro.

Domenica 27 dicembre 2020 l’infermiera Giulia Salvalai fu la prima bresciana a ricevere il vaccino, tutti tirammo un sospiro di sollievo, la partenza della campagna di immunizzazione ci faceva sperare con convinzione che la pandemia sarebbe stata presto, definitivamente, sconfitta. Sappiamo bene che non è stato così, ma questo è il tempo di iniziare a fare memoria di quanto abbiamo vissuto. Di far sedimentare i fatti, i ricordi e analizzarli.

L'anno orribile su cui riflettere

Questa edizione della Qualità della Vita si propone di fare esattamente questo, uno lavoro unico e straordinario che potrà essere utilizzato con efficacia anche in futuro. Perché ci sarà molto su cui riflettere, le ferite del corpo si potranno certo rimarginare, ma rimarranno a lungo quelle nell’economia, nel tessuto sociale. Rimarranno le ferite nell’anima, soprattutto in anziani e giovani, i più colpiti dalla pandemia. Come ha detto il vescovo Pierantonio Tremolada nella sua riflessione per i santi patroni Faustino e Giovita, «ci siamo illusi che bastassero il benessere economico e la tecnologia in costante evoluzione. Abbiamo ciecamente confidato nella scienza e siamo stati estremamente attenti alle esigenze del mercato. Perché mai non ci siamo fatti carico, almeno allo stesso modo, delle esigenze del cuore?».

Il 2020 è l’anno che mai avremmo immaginato di vivere, che mai avremmo voluto vivere. Archiviarlo per dimenticarlo sarebbe sbagliato, dobbiamo elaborarlo, anche nella nostra mente. Nella prima tragica ondata si era diffuso l’auspicio che dalla pandemia saremmo usciti migliori. Non è certamente stato così, ma c’è ancora tempo. Mentre sfogliamo questa corposa edizione della Qualità della Vita riflettiamo su cosa ognuno di noi potrebbe fare, se c’è una cosa che l’emergenza Covid ci ha insegnato è che da soli siamo persi.

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