Molinari: «Gli Usa motore che spinge a superare la stabilità mondiale»
Il mondo sta cambiando il proprio paradigma velocemente, in particolare dopo la rielezione di Trump alla Casa Bianca. Dei grandi cambiamenti in atto nella politica internazionale parla l’ultimo lavoro di Maurizio Molinari, l’ex direttore e oggi editorialista di Repubblica ha appena pubblicato un nuovo volume per Rizzoli dal titolo «Scossa globale. L’effetto Trump e l’età dell’incertezza» (320 pp., 22 euro).
Per Molinari sono tre i possibili scenari: un nuovo equilibrio globale sulle sfere di influenza rispetto a Mosca e Pechino; può innescare una fase di conflitti, fra Usa, Cina e Russia; può aprire una stagione di endemica instabilità e moltiplicare l’imprevedibilità globale. Stasera Molinari sarà a Brescia per un’iniziativa inserita nel programma del Festival della pace per presentare il suo libro. L’appuntamento è alle 20.30 al Teatro Borsoni in via Milano 83 (l’ingresso gratuito).

Come sta cambiando il mondo con il ritorno di Trump?
«Russia, Cina e Stati Uniti sono accomunate dalla volontà di modificare l’ordine di sicurezza internazionale. Nessuna di loro è però in grado di riuscirci da sola dunque questo crea una situazione di costante conflitto fra loro, di incertezza internazionale e di ordine globale conteso. Questo è il motivo all’origine dell’età dell’incertezza che avvolge le relazioni internazionali e le nostre vite. È destinato a durare fino a quando non si verrà a creare un nuovo equilibrio fra Mosca, Washington e Pechino. In questa fase di transizione abbiamo di fronte tre possibili scenari: un conflitto aperto fra le tre grandi potenze, una situazione di conflittualità permanente a bassa intensità oppure un accordo destinato ad aprire una nuova stagione internazionale».
Ma questa nuova età dell’incertezza non è il risultato di un processo più ampio, di cui Trump è un protagonista importante, ma pur sempre un protagonista?
«Il presidente Trump è uno dei tre protagonisti assieme a Putin e dal leader cinese Xi. L’effetto Trump sta nel fatto che gli Stati Uniti sono passati dalla strategia del predecessore Biden di difendere l’ordine internazionale frutto della guerra fredda dalle sfide di Russia e Cina alla volontà di competere nella creazione di nuovi equilibri globali. Dunque l’America si è trasformata: da scudo della stabilità internazionale precedente a motore del suo superamento».

Come vede l’Europa in questo nuovo sistema delle relazioni internazionali?
«L’Europa può competere con le altre grandi potenze nella definizione di un nuovo ordine internazionale perché ha le risorse economiche, strategiche e umane per farlo. Ma manca della leadership politica e dell’identità di nazione senza le quali non riesce a sedersi al tavolo dei grandi del XXI secolo. Per questo l’ex premier Mario Draghi più volte negli ultimi mesi ha pubblicamente chiesto ai leader dell’Unione Europea di avere il coraggio di diventare Nazione, varando le riforme necessarie per agire assieme su tre tavoli decisivi nella competizione globale: energia, intelligenza artificiale e difesa».
Secondo lei questa scossa globale mette in discussione anche la democrazia?
«Questa scossa globale, mette a rischio la democrazia perché Russia e Cina sono due autocrazie che non rispettano lo stato di diritto, vogliono imporre i loro interessi sulle altre nazioni e si fanno beffa dei diritti umani. Inoltre, nel campo delle democrazie si affermano populismi di ogni origine e colore che contestano il principio della rappresentanza democratica e guardano con interesse al modello delle autocrazie».
Come vede l’Italia in questo nuovo scenario globale?
«Nell’assenza di una leadership europea gli Stati dell’Unione devono decidere come posizionarsi rispetto alla competizione globale fra Stati Uniti, Cina e Russia. Ci sono leader come il francese Macron e lo spagnolo Sanchez che scelgono di contrapporsi a Washington, dall’Ucraina al Medio Oriente, e ve ne sono altri, come l’italiana Meloni e il tedesco Merz, che invece si affiancano agli Usa per condizionarli, nel quadro dell’alleanza euroamericana. Credo che la scelta di Roma e Berlino corrisponda di più agli interessi nazionali ed anche europei perché avviene nella cornice di un unico Occidente».
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