L’analisi: «Le Unioni devono migliorare la qualità dei servizi»

Le cause del mancato decollo delle Unioni dei Comuni sono molteplici e vanno dalla mancanza di obbligatorietà al campanilismo a cui sono legate le realtà del territorio.
L’introduzione delle gestioni associate «rispondeva all’esigenza di superare in modo non coercitivo la frammentazione dei Comuni - spiega Mario Gorlani, professore di diritto della Pubblica amministrazione e delle autonomie territoriali all’università degli Studi di Brescia -: se sono troppo piccoli hanno più difficoltà a livello amministrativo, l’Unione è sembrata la soluzione» ma a distanza di anni dalla sua introduzione viene ancora vista «con perplessità».
Paradossalmente, «l’Unione può portare a una duplicazione degli uffici e a un appesantimento burocratico - spiega ancora Gorlani -, ma si sceglie comunque di sottoscriverla per accedere alle sovvenzioni». In tempi di tagli di trasferimenti ai Comuni, ogni entrata è utile per meglio far funzionare la macchina amministrativa e «lo sarà ancora di più quando finirà la stagione dei finanziamenti di opere e servizi attraverso in Pnrr», osserva il docente.
Efficienza e risparmio sono le basi su cui vogliono essere costruite le Unioni, ma può funzionare solo se ci sono anche stabilità e lungimiranza. Sul fronte politico, ogni cambio di sindaco può portare all’ingresso o all’uscita di un Comune da una gestione associata, mentre sulla programmazione «bisogna considerare che nel breve periodo il guadagno si basa sui fondi incassati - sottolinea Gorlani -, invece nel medio periodo le Unioni portano a un risparmio se si razionalizzano i dipendenti dei vari uffici, non perché si arrivi ad averne meno, ma perché si riesca a renderli più specializzati».
Questione di sostenibilità
La questione, dice insomma Gorlani, non è tanto di natura economica: l’obiettivo dovrebbe essere quello di ottimizzare le risorse per avere una miglior qualità dei servizi per i cittadini, affinché siano più puntuali e di qualità. E perché lo siano davvero, è importante considerare la loro sostenibilità. «Avere una diffusione capillare dei servizi è certamente utile, come lo è averli sotto casa - analizza Gorlani -, ma serve una geometria amministrativa diversa. I Comuni, anche piccoli, dovrebbero continuare a esistere come punti di erogazione dei servizi per i cittadini, mentre la pianificazione dovrebbe avvenire a livello più alto, ad esempio all’interno di un ente come la Provincia». Non ultimo, c’è il tema della partecipazione politica, che vede a ogni tornata elettorale sempre meno candidati in campo. «Questo - conclude Gorlani - è un indicatore importante per capire se le attuali dimensioni di rappresentanza hanno ancora senso».
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