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Giulia Venturelli: «Senza ghiacciai perdiamo sicurezza ed emozione»

Anita Loriana Ronchi
L’alpinista e guida alpina bresciana apre oggi la due giorni di incontri a tema al Teatro Grande, all’interno della rassegna «Pensieri verticali»
L'alpinista Giulia Venturelli
L'alpinista Giulia Venturelli
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Il tema dei ghiacciai, un problema drammatico che sta affliggendo anche le nostre montagne. Il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande ed esteso in Italia, scomparirà quasi sicuramente entro la fine del secolo per effetto del riscaldamento globale. Se ne parlerà oggi, alle 16.30 al Teatro Grande, per il primo incontro della seconda rassegna «Pensieri verticali», realizzata dalla Fondazione del Teatro Grande in collaborazione con il Cai di Brescia e con il contributo di Regione Lombardia.

Sono protagonisti l’alpinista e guida alpina bresciana Giulia Venturelli e il glaciologo Valter Maggi, professore presso l’Università di Milano-Bicocca e presidente della Fondazione Glaciologica Italiana. Venturelli, classe 1990, è Guida alpina Maestra di alpinismo Uiagm dal 2018; annovera nel curriculum numerose salite in tutte le Alpi, alcune prime ripetizioni femminili, una nuova via in Monte Bianco e molto altro. L’abbiamo intervistata.

Giulia Venturelli, quanto incide sul suo lavoro il ritiro delle grandi masse di ghiaccio alpine?

«Parliamo chiaramente di elementi che influenzano le abitudini degli alpinisti. In molti posti dove si passava fino a 12 anni fa, oggi non è più possibile passare. Occorre anticipare le salite da agosto a fine giugno/luglio per avere maggiore innevamento. Aumentano le difficoltà: creste nevose un tempo larghe e “facili” possono essere oggi affilate e molto esposte. Nel mio intervento, lasciando chiaramente la parola per gli aspetti più tecnici all’esperto che dialogherà con me, mi focalizzo su alcuni temi come la scomparsa o modifica di alcuni percorsi di salita, il mutamento repentino delle tracce di avvicinamento ai ghiacciai, il cambio nella programmazione stagionale, l’aumento delle difficoltà, la perdita della bellezza di molte montagne. Quest’ultimo è l’aspetto meno concreto, ma va a toccare nel profondo quel senso di richiamo che la montagna trasmette e che ha mosso alpinisti di tutti i tempi».

Il ghiacciaio dell'Adamello perde sempre più spessore
Il ghiacciaio dell'Adamello perde sempre più spessore

Lei ha compiuto imprese straordinarie in quota. Qual è stata la più emozionante?

«Sicuramente la scalata sulla Via dei ragni al Cerro Torre (prima donna italiana, ndr), in Patagonia, è stata una delle più emozionanti. Anche un pochino inaspettata in quanto la spedizione era arrivata al termine e sembrava non essere andata come speravamo, causa maltempo. Con il mio team stavamo per ripartire, quando si è aperta una “finestra” dal punto di vista meteorologico, così abbiamo deciso di avventurarci in questa salita, che ha richiesto sei giorni, di cui due di avvicinamento alla parete e due di arrampicata. Ognuno di noi ha avuto un ruolo fondamentale. Arrivata in cima, ho avvertito un senso di profonda soddisfazione e mi sono trovata davanti uno spettacolo di grande fascino: una torre di roccia molto slanciata avvolta sul lato ovest da questi “funghi” di neve, che non esistono in Europa, formati dalle correnti umide».

Cosa pensa dell’iniziativa del Grande, che accosta la dimensione della montagna al mondo del teatro e della cultura?

«Una bellissima iniziativa, che permette di approfondire anche temi che nelle classiche serate di alpinismo non vengono affrontati, oltretutto in una cornice davvero unica. Le montagne, voglio ricordare, sono per tutti, ma non tutte lo sono, nel senso che bisogna saper scegliere fra le molteplici attività ed essere consci delle proprie capacità, avvicinarsi con un corso di formazione e con le giuste nozioni legate alla sicurezza».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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