Outdoor

La «berretta da prete», un arbusto affascinante (ma anche tossico)

Ruggero Bontempi
Lungo la ciclovia dell’Oglio, tra i colori dell’autunno, spicca la fusaggine: un arbusto raro in pianura ma diffuso in collina e montagna, riconoscibile dai frutti rosa e dalla curiosa forma
Questo arbusto è anche chiamato «fusaria», oltre che berretta da prete ed evonimo
Questo arbusto è anche chiamato «fusaria», oltre che berretta da prete ed evonimo
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Le giornate di sole di queste settimane che si collocano a metà del periodo autunnale invogliano ancora a percorrere in bicicletta o a piedi alcuni tratti della ciclovia dell’Oglio, che dal passo del Tonale scende accanto al fiume fino a raggiungere il Ponte di Barche a San Matteo delle Chiaviche.

Nelle sezioni del percorso che attraversano il fondovalle camuno è facile notare un arbusto dal portamento decisamente cespuglioso e dalla chioma irregolare, con altezze generalmente variabili da 2-3 metri fino a un massimo di 4-5 metri. Se in altri periodi dell’anno questa pianta può facilmente passare inosservata, nella stagione attuale invece richiama l’attenzione per le tonalità delle sue foglie ovali inserite in modo opposto sui rami, spesso macchiate di rosso, ma soprattutto grazie al colore rosa acceso dei suoi frutti.

L’arbusto in questione si chiama fusaggine (Euonymus europaeus), fiorisce nel mese di maggio ed è conosciuto anche come fusaria comune, evonimo o berretta da prete.

Un arbusto dai frutti rosa e dal nome curioso

Quest’ultimo curioso nome deriva dalla forma dei suoi frutti, caratterizzati da capsule con quattro lobi ben segnati che richiamano alla memoria il copricapo utilizzato dai sacerdoti cattolici ai tempi dei film di Don Camillo e Peppone degli anni Cinquanta e Sessanta, ispirati dai libri di Giovanni Guareschi.

La presenza di questo arbusto nelle zone di pianura della nostra provincia è piuttosto rara a causa della progressiva riduzione delle aree che caratterizzano il suo habitat, mentre è diffusa in maniera spontanea nelle zone di collina e di montagna (boschi di latifoglie, siepi e boscaglie) fino a quote di circa 900-1000 metri, e più raramente a livelli altitudinali più elevati.

Habitat e caratteristiche

L’evonimo è una pianta rustica priva di particolari esigenze climatiche o pedologiche. Predilige contesti ambientali freschi e umidi, pertanto non è raro osservarla lungo le rive del fiume Oglio proprio a margine del percorso ciclopedonale.

In Valle Camonica è presente sui tutti i comuni che estendono il loro territorio alle quote più basse del fondovalle, a partire da Edolo e fino a Pisogne.

In passato il legno di evonimo era utilizzato nella fabbricazione di archi, archetti per viole, stuzzicadenti e lavori di intarsio.

È importante sapere che ogni parte di questa pianta è altamente tossica, soprattutto la corteccia, le foglie e i frutti. L’ingestione può causare nausea, vomito e dolori addominali, fino a complicazioni cardio-circolatorie nei casi più gravi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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