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Il gioco che (ci) fa diventare squadra

L’Union Brescia diventa il simbolo visibile di qualcosa di invisibile, ma fondamentale: la possibilità di riconoscersi in un progetto comune
Giuseppe Pasini e Laura Castelletti - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Pasini e Laura Castelletti - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
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Non ci sono solo una società e una maglia nuove. C’è un patto tra istituzioni, tra cittadini, tra generazioni. Per una volta, politica e imprese hanno smesso di aspettarsi a vicenda: hanno fatto. Non è un dettaglio tecnico. È un gesto politico. Capace di generare fiducia.

Il nome scelto – Union Brescia – non è un vezzo lessicale. È una dichiarazione di responsabilità: è il contrario di divisione, di frammentazione, di solitudine, di delega sterile. È il tentativo, concreto, di rimettere insieme ciò che negli anni si era disperso: energie, identità, fiducia. La nuova squadra non cancella il passato, semmai lo raccoglie. Con rigore. È un progetto di sistema.

È una città – e una provincia – che provano a riconoscersi in qualcosa di più grande della somma delle singole parti. L’ovazione che ha accolto Beppe Pasini a Palazzo Loggia non era solo per l’uomo che ha avuto il coraggio di crederci dopo l’uragano sportivo che minacciava di cancellare 114 anni di storia. Quegli applausi erano anche per l’idea stessa di coesione che ha preso corpo sotto forma di club sportivo capace di guardare oltre il campo, oltre il gioco, oltre la stagione.

Perché non è mai solo calcio. Il neopresidente l’ha ripetuto: «Non sarà il Brescia di Pasini, sarà il Brescia dei bresciani». Ma è indubbio che senza la sua credibilità – da imprenditore, da uomo del fare, da catalizzatore di fiducia – questo salto non sarebbe stato possibile. Ha fatto quello che in molti, per anni, hanno invocato senza riuscire a realizzare: ha coagulato. Ha unito. Ha «fatto sistema» con un piano chiaro, concreto, aperto a chi vuole esserci: soci, sponsor, tifosi, cittadini. È una chiamata collettiva, un patto generativo, una visione. Trovando matura anche la politica, senza esitazioni o spaccature: maggioranza e opposizione unite nel riconoscere l’urgenza e l’opportunità del progetto.

Union Brescia diventa così il simbolo visibile di qualcosa di invisibile ma fondamentale: la possibilità di riconoscersi in un progetto comune. Per questo non è solo una squadra, ma un laboratorio civico. Per questo non è solo una stagione sportiva, ma una prova generale di futuro condiviso. Con un’identità che si costruisce nel tempo, ma che già oggi ha una base chiara: radici nel passato, mani sull’oggi, occhi al domani. Il presidente lo sa: il progetto sarà giudicato dai risultati, ma anche dalla coerenza del metodo. Perché non si vince mai da soli. Né in campo. Né fuori.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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